Etna, il progetto Secesta contro la cenere Si saprà prima quanta ne cadrà, via ai test

«Come mettere il termometro al malato». Il paziente è il territorio etneo, in primis l’aeroporto, la malattia ricorrente i pesanti disagi dovuti alla caduta di cenere dell’Etna, che negli ultimi anni, ad intervalli regolari, ha coperto paesi e città della provincia di Catania, con ingenti costi per enti pubblici e privati cittadini. La soluzione, o almeno, «il termometro», come lo definisce l’imprenditore Giuseppe Ursino, potrebbe venire dal progetto Secesta, una rete di sensori per il monitoraggio delle ceneri vulcaniche nella sicurezza del trasporto aereo. Un’idea presentata due estati fa e nata dalla collaborazione tra l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Catania, il Dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dei sistemi dell’università di Catania e alcune aziende del settore software e ricerca e sviluppo: la P.M.F. (di cui Ursino è l’amministratore delegato), la Korec ed Ergotronica. Da qualche settimana il progetto è entrato nella seconda fase, quella dei test in laboratorio. «Un grande esperimento che stiamo portando avanti nella nostra sede di Catania – spiega Mauro Coltelli, ricercatore dell’Ingv – in cui vengono simulate le condizioni del fenomeno esterno».

Sono stati sviluppate 90 stazioni con sensori a basso costo. Questi, collocati sul versante meridionale dell’Etna, dovranno rilevare la caduta di cenere e fornire immediatamente informazioni agli enti interessati. L’aeroporto di Fontanarossa sarà il primo cliente, che potrà pianificare le strategie di intervento basandosi su dati concreti e in continua evoluzione. «A pieno regime i sensori potranno prevedere la quantità di cenere che cadrà nell’immediato e fino alla fine del fenomeno – analizza Coltelli – Questo permetterà allo scalo di progettare gli interventi, decidere con cognizione la chiusura degli spazi aerei. Con Secesta questa operazione potrà essere fatta non appena comincerà a cadere la prima cenere, senza aspettare, guadagnando così diverse ore che corrispondono a un notevole risparmio economico».

«Oggi – aggiunge Ursino, che con la sua società, la P.M.F., si occupa di trasferire le informazioni dalle stazioni sul territorio al web, permettendo a chi interessato di leggerle – si va un po’ a naso, chiudiamo settori anche quando non è sempre necessario. Il nostro obiettivo, invece, è avere un’analisi oggettiva della situazione. E l’aeroporto non è l’unico nostro interlocutore, anche i Comuni potranno usare questa tecnologia, visto che la cenere causa disagi a tutti i cittadini».

I primi test all’esterno dovrebbero essere effettuati ad aprile. «Siamo in ritardo rispetto alla tabella di marcia – conclude Coltelli – ma entro l’estate contiamo di posizionare tutte le stazioni sull’Etna, così il progetto entrerà a pieno regime».


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Presentata nel 2012, la rete per il monitoraggio delle ceneri vulcaniche affronta le verifiche in laboratorio. Ad aprile verrà posizionata la prima linea di stazioni sul vulcano, entro l'estate il progetto potrà funzionare a pieno regime. «I sensori prevederanno la quantità di cenere che cadrà nell'immediato e fino alla fine del fenomeno - spiega Mauro Coltelli, ricercatore dell'Ingv -L'aeroporto e i comuni potranno pianificare migliori interventi, con notevole risparmio di risorse»

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