Mafia, la risposta di Mario Scinardo «Evidente e documentata la mia estraneità»

Quando non si controlla la versione (documentatissima) dell’“altra parte”, avente maggiori diritti, secondo Costituzione, inevitabilmente si scade nel linciaggio. Solo che si fosse consultata l’imponente “memoria difensiva” in atti, ricorrendo alla doverosa, responsabile prudenza (ci sono dignità e libertà di un uomo e di una famiglia in gioco!), si sarebbe trovata risposta a dubbi, insinuazioni, sospetti e malanimo.

Ancora maggiore l’obbligo di prova contraria, favorevole, fondatissima perché riscontrata, alla vigilia di una decisione che a me interessa più dei beni, riferendomi alla prossima sentenza del processo Iblis, che si vuole condizionare forse da chi non è riuscito a scalfire fatti e circostanze inattaccabili.

E’ giusto che si sappia che ben quindici giudici si sono occupati della mia vicenda giudiziaria, ora prossima alla conclusione: cinque della Cassazione, tre del Tribunale della Libertà di Catania, tre del Tribunale di Patti, quel procuratore della Repubblica, quel Procuratore Generale. Cassazione e giudici di Catania e Patti, mi hanno scarcerato frantumando ogni indizio (Catania) e assolvendomi dall’accusa di associazione mafiosa per la sospetta vicinanza ai Rampulla, perché i fatti non sussistono (Patti); dagli organi dell’accusa vi è stata sottoscrizione di esecutività della sentenza assolutoria, cioè rinuncia ai consentiti appelli. Troppa grazia per un “amico dei boss”, secondo vostra gentile indicazione in titolo!

Contro di me, quindi, giudizi favorevoli in ogni sede. L’accostamento poi a membri della famiglia Rampulla, (Sebastiana e Maria, diversi da Pietro, coinvolto nella strage di Capaci) conoscenti da generazioni perché cresciuti nello stesso territorio, i giudici del Tribunale e poi, su appello del PM., quelli della Corte di Messina hanno scolpito l’assoluta liceità dei patrimoni allora sotto esame.

Il mio nome finito “in numerosi blitz antimafia”, visti i risultati giudiziari favorevoli dimostra una ininterrotta e ingiusta persecuzione; vero “l’escalation” finanziaria frutto di capacità e di sacrifici, “mal vista da molti affiliati di spicco”: non è, perciò, insanabile la contraddizione, se sono “amico dei boss”?

I “contatti di prestigio” col defunto Angelo Santapaola, significano, secondo prova riscontrata, che ero preferito a tanti per essere strizzato nel versamento del “pizzo” estortivo: ben quattrocento mila euro pretesi e versati!

espansione nel mercato dell’eolico derivava da situazioni oggettive: l’estensione dei miei terreni, la collocazione, l’indispensabile favore dei venti, l’utilizzazione diretta della mia azienda per l’impiantistica. Elemento ulteriore essere stato e continuare ad essere vittima silenziosa perché troppo minacciata (Angelo Santapaola faceva irruzione con un plotone “armato sino ai denti”). Ciò determinò il signor Lo Piccolo, a me sconosciuto, a dare ai suoi indicazioni (a me ignote!) di continuare gli appalti con me, soggetto passivo collaudato!

Mai un appalto di favore, mai una interferenza diversa dalle partecipazioni trasparenti alle attività secondo legge. “Utilità”? “Vantaggi”? Versamento del 2 per cento stabilito, per gli imprenditori-vittime (così le testimonianze dei “collaboratori di giustizia” Caniglia e La Causa).

Infine, per brevità: mai “ospitato summit mafiosi” (si controlli l’incarto processuale e la sentenza assolutoria di Patti); mai “favorito la latitanza dello sconosciuto collaboratore” (?) “reggente di Cosa Nostra catanese”, Umberto Di Fazio.

I miei difensori hanno documentato le “40 menzogne” del nominato pentito Di Fazio, con specifica dimostrazione. Basta un solo episodio ridicolo, da solo per squalificare il detto “collaboratore”, che cosi mi descrive: “Circa due centimetri in altezza meno di me, che sono alto 1.70”.

La mia altezza è di 1.97; sono creditore quindi di trenta centimetri che mi sono stati sottratti assieme a libertà e decoro!

La guerra giudiziaria sul patrimonio non è finita: sono allo studio richieste di rimedi legali.

Cosi come continua la fiducia, convinta e non retorica verso i Giudici che dopo tanti mesi di paziente e competente ricerca della verità daranno a breve la loro autorevole decisione.

Mario Giuseppe Scinardo


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