Processo Noce, polemica sul perito Bruno «Omofobo, offende la memoria di Stefania»

«Un super-perito che offende la memoria di Stefania e delle sue lotte». Francesco Bruno, uno dei due psichiatri che ha firmato la perizia sulla salute mentale di Loris Gagliano, è al centro di una vivace polemica. A chiedersi se il tribunale di Catania non avrebbe potuto scegliere un consulente meno discusso è l’associazione antimafie Rita Atria che sin dal primo grado ha seguito il processo contro il ragazzo che ha ucciso la ventiquattrenne Stefania Noce e il nonno di lei, il settantunenne Paolo Miano, il 27 dicembre 2011, a Licodia Eubea. In un documento pubblicato sul sito ufficiale e rilanciato sui social network, l’associazione si rivolge al presidente della Corte d’Assise d’Appello e gli ricorda che Bruno «è il professionista che nel 2012 definì i gay come malati da curare, individui non normali assimilabili alle persone disabili». Affermazioni che «Stefania avrebbe di certo contestato», forte di un impegno pubblico per i diritti civili e, in particolare, per quelli degli omosessuali. E proprio sulla base di queste frasi, a marzo, Rosa Miano e Giovanni Noce, genitori di Stefania, avevano espresso le loro «perplessità» in merito alla scelta del collegio peritale, a margine di una lettera inviata al giudice Luigi Russo.

«Le dichiarazioni di Francesco Bruno sono state commentate e contestate ovunque e gli sono valse anche una denuncia all’Ordine dei medici da parte dell’Arcigay», spiega Serena Maiorana, membro onorario dell’associazione Rita Atria e autrice del libro Quello che resta, storia di Stefania Noce. «Stefania si spendeva pubblicamente per i diritti dei gay e altrettanto pubblicamente Bruno difende posizioni diametralmente opposte – continua Maiorana – E questo mette in dubbio la sua credibilità professionale: sono le sue opinioni che lo screditano in quanto medico, perché tutta la comunità scientifica mondiale si è espressa anni fa sul fatto che l’omosessualità non è una malattia, mentre lui afferma il contrario».

La scelta del super-perito famoso per le sue ospitate televisive «sembra una beffa», prosegue la scrittrice. «Non c’è solo da tutelare l’imputato, bisogna anche pensare alla serenità della parte offesa che, con una perizia firmata da Francesco Bruno, non può stare tranquilla». Lo psichiatra ha avuto modo di rilasciare alcune dichiarazioni sui gay al sito cattolico e conservatore Pontifex. Lo stesso sito che ha in seguito pubblicato articoli, al minimo controversi, sul femminicidio: «Le donne e il femminicidio, facciano sana autocritica: quante volte provocano?», per citare il titolo di un brano che è stato rimosso dal portale. E ancora, in un editoriale a firma del direttore Bruno Volpe, si diceva: «Si consideri che oggi la legislazione e i media sono schierati troppo a favore delle donne e della loro immoralità diffusa […] Parlare di femminicidio a livello giuridico non ha alcun senso», perché in fondo «un manrovescio o un piatto volante non hanno mai ucciso nessuno». E comunque, scrive Volpe pochi giorni dopo: «Se ci sta un Caino che accoltella, ci sta anche qualche brava signorina che provoca o molesta».

«Ci tengo a precisare – dice Serena Maiorana – che Francesco Bruno non è un collaboratore di Pontifex e che l’intervista che ha rilasciato a quel sito è antecedente alla pubblicazione degli articoli sul femminicidio. Ma si sceglie anche da chi farsi intervistare, no?». E se pure lo psichiatra non si è mai espresso sul tema delle donne uccise dagli uomini, «per rendere la sua nomina discutibile bastano le sue posizioni sull’omosessualità: tutto quello che è nato sulla base della memoria di Stefania difende anche i diritti lgbt».

«Avremmo voluto chiedere l’annullamento di questa perizia – si legge sul sito dell’associazione Rita Atria – Ma sappiamo che tecnicamente non è possibile». Però, prosegue il testo, «signor presidente, ci permettiamo di dirle che anche le scelte offendono e provocano dolore». E in queste ore sono parecchie le associazioni che stanno sottoscrivendo questo documento. «Forse organizzeremo un presidio in occasione della prossima udienza, il 16 luglio a Bicocca», anticipa Maiorana. La presenza delle associazioni in un’aula di tribunale in cui si decida sull’omicidio di Stefania Noce, in fondo, non sarebbe cosa nuova: all’ultimo incontro davanti al giudice c’erano – oltre all’associazione Sen e al centro antiviolenza Thamaia – OpenMind, Città felice, le Voltapagina, Se non ora quando Catania, Tilt, Penelope, l’associazione antimafie Rita Atria e il Movimento studentesco Catanese.


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