Gammazita, i volontari del Castello Ursino «Fascino e risorse, da vivere intensamente»

Piazza Federico di Svevia, vista Castello Ursino. Due giovani passano in motorino davanti a una bottega aperta: «Che cosa vendete?», domandano, in dialetto, a un ragazzo che sta sistemando alcune sedie davanti all’ingresso. «Siamo un’associazione culturale», risponde quello. «Ah, ho capito», replica il conducente del ciclomotore, e va via accelerando. Il ragazzo che aggiusta le poltroncine sorride: «A poco a poco, ci facciamo conoscere».

Lui è Daniele Cavallaro, ha 31 anni, ed è uno dei fondatori di Gammazita, nato come un centro sociale il 12 maggio 2013 e da pochi mesi entrato a far parte del circuito Arci. «Il posto è piccolo, d’affitto paghiamo circa 300 euro al mese, ma lo abbiamo trovato in condizioni pietose e lo abbiamo risistemato», racconta Cavallaro, mentre mostra le porte ricoperte di carta da fumetti e le pareti piene degli scatti del non-concorso fotografico Catania abbandonata, lanciato lo scorso aprile per raccontare gli spazi cittadini abbandonati e inutilizzati. La sede di Gammazita si riconosce da lontano, basta guardare la piazzetta che, tra il Castello Ursino e via san Sebastiano, una volta era un parcheggio abusivo e adesso è delimitata da vasi colorati dentro i quali crescono mais, zucchine e melanzane. «Questo è un quartiere dinamico e fortemente contaminato: accanto ai cittadini catanesi che vivono qui da generazioni ci sono gli studenti fuori sede e gli immigrati, si respira un’aria di forte apertura, anche se la vita qui non è facile».

La circoscrizione è la prima, gli Archi della marina sono a due passi, così come l’anello di via Plebiscito: «Prendiamo il nome dal pozzo di Gammazita, che è qui in via san Calogero: i residenti del palazzo ci danno le chiavi, noi ogni domenica facciamo le visite guidate e lo facciamo conoscere». Perché altrimenti rimarrebbe chiuso, parte di quel patrimonio archeologico nascosto ai turisti tanto quanto ai cittadini etnei. «Il fatto è che la gente viene in questa zona per mangiare, perché ci sono le trattorie di carne di cavallo, se ci fosse il Castello Ursino oppure no sarebbe uguale, non se ne accorgerebbe nessuno – sostiene Daniele Cavallaro – Noi, invece, vogliamo cambiare le cose, vogliamo che quest’area venga vissuta grazie a tutte le potenzialità che ha».

Per questo, hanno creato un punto d’aggregazione per adulti e bambini: «Il lunedì sera facciamo un’arena gratuita, il fine settimana le serate con la musica dal vivo e i dj set e in generale tutti i giorni c’è qualcosa di diverso». Corsi di lingua al prezzo popolare di cinque euro a lezione («L’anno scorso abbiamo fatto francese e tedesco, per esempio»), scuola di percussioni e di samba, giocoleria, meditazione. Una locandina attaccata all’ingresso recita: «Corso base di didgeridoo». «È uno strumento a fiato australiano», spiega Cavallaro. «Poi abbiamo una piattaforma di bookcrossing perenne: vieni, prendi un libro dalla nostra libreria, ne lasci un altro se vuoi oppure no, e va bene così».

«All’inizio – ricorda Daniele – riempire il calendario era difficile, adesso abbiamo il problema opposto». E nella lista degli appuntamenti, il più importante è certamente Ursino buskers, il festival delle arti di strada che si aprirà  il 19 settembre, che Gammazita ha ideato e per il quale sta cercando finanziamenti: «Ci rispondono artisti straordinari, verranno da ogni parte del mondo, alcuni stanno anticipando i soldi dei biglietti aerei solo perché noi abbiamo spiegato il nostro progetto e li abbiamo convinti».

A essersi fatti convincere da Gammazita sono anche i bambini del rione: «Qui ci danno la Cocacola col ghiaccio e la cannuccia, e anche i succhi di frutta», si affrettano a spiegare Gabriele, Gabriel e Manuel, età compresa tra i nove e i dieci anni. Giocano con gli strumenti musicali dell’associazione, ma alle otto di sera devono essere a casa. «I genitori sono contenti che veniamo qua, così sanno che facciamo», dicono. Vanno a imparare a suonare le percussioni al Castello, quando c’è una bella giornata. «Anche se a me lo sport che mi piace di più è giocare a pallone», dice Jonatan, stessa età degli altri, pantaloncini e bicchiere di Cocacola in mano. «Io qua ci vengo assai», spiega.

«Non sapevamo che strada avrebbe preso questo progetto», afferma Giorgia Picone, 34 anni, un’altra dei gestori dell’associazione culturale. «Molti di noi, adesso, hanno praticamente rinunciato ai loro lavori fissi per Gammazita – dichiara – Ciò che stiamo tentando di fare è rendere questa la nostra attività principale, perché è la continuità sul territorio che produce cambiamenti».


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