Anche sul Pua l’ombra di mafia e politica «Playa approvata, uno a zero, palla al centro»

Novembre 2007, gli uomini del Ros dei Carabinieri di Catania ascoltano una telefonata tra due imprenditori. Da decifrare ci sono i nebulosi rapporti che alle pendici dell’Etna metterebbero allo stesso tavolo mafia, imprenditoria e politica nell’ambito dell’inchiesta Iblis. Da un lato della cornetta c’è Mariano Incarbone, originario di Enna, recentemente condannato in appello a cinque anni per concorso esterno in associazione mafiosa e dall’altro Renzo Bissoli, imprenditore incensurato originario di Verona, titolare della società Stella Polare srl che vorrebbe realizzare alla Playa di Catania il cosiddetto Pua (Piano urbanistico attuativo, ndr), un maxi investimento da 300 milioni di euro, che ingloberebbe un centro congresso oltre a una vasta area destinata a strutture ricettive, campo da golf, parcheggi e un mega acquario. «Questa mattina – spiega Bissoli al suo interlocutore – la Commissione ha approvato la Playa», «Perfetto – risponde entusiasta Incarbone – hai visto? Uno a zero, palla al centro».

Un dialogo, quello tra i due imprenditori, contenuto nelle motivazioni della sentenza con cui il giudice Marina Rizza ha condannato l’ex presidente regionale Raffaele Lombardo per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo gli atti, la conversazione tra Bossoli e Incarbone indicherebbe, all’epoca dei fatti, uno stretto legame lavorativo e d’interessi con tanto di regia politica. Nel lungo elenco delle intercettazioni citate nella sentenza i riferimenti infatti sono anche all’affare del centro commerciale Porte di Catania: «Devi andare – dice Bissoli a Incarbone riferendosi all’estromissione da un appalto –  anche dal Capo a dirgli questa cosa». «E certo! – risponde l’ex finanziatore dell’MpA – Un pochettino le palle mi sono girate». Il «Capo», secondo il giudice, sarebbe proprio Raffaele Lombardo, descritto come «portatore di uno specifico interesse a che l’Incarbone, fosse assegnatario» dell’appalto in questione per i lavori di contrada Pigno nell’area in prossimità dell’aeroporto di Catania.

A parlare di lavori alla Playa di Catania, senza però citare esplicitamente l’acronimo Pua, nel 2012, è anche Santo La Causa, ex numero uno di Cosa nostra catanese, poi diventato collaboratore di giustizia. «So che Incarbone – spiega l’ex boss ai magistrati – era in disgrazia da un punto di vista economico e per questo motivo Aiello (referente provinciale della famiglia mafiosa dei Santapaola, ndr) pensava di farlo lavorare, per esempio, nella realizzazione di un complesso alberghiero che doveva sorgere in un ampia estensione di terreno in zona Playa, progetto – prosegue La Causa – che doveva essere realizzato da un imprenditore del Nord, il cui nome non ricordo, ma che è noto allo stesso Incarbone».

Raffaele Lombardo, sentito durante le fasi del processo, ha confermato di aver incontrato Renzo Bissoli. Durante l’incontro, l’imprenditore veneto illustrò il progetto al leader autonomista: «Si prefiggeva – spiegò Lombardo – di mettere insieme degli imprenditori che avrebbero fatto degli investimenti». Ma, secondo il giudice che l’ha condannato, l’ex governatore avrebbe fatto molto di più per il Pua. Il piano è stato infatti approvato – varianti urbanistiche comprese – nel 2002, quando Lombardo era vicesindaco del Comune di Catania. Nell’area di oltre 120 ettari interessata dal progetto, parte dei terreni – circa il 30 per cento – sono di proprietà dell’editore etneo Mario Ciancio Sanfilippo. Anche nel caso del Pua – come già in altri lavori – secondo il giudice i due avrebbero utilizzato il loro «modello operativo».

Renzo Bissoli, non coinvolto nell’inchiesta Iblis, ha sempre respinto qualsiasi sospetto affermando di non avere mai ricevuto pressioni da nessun tipo di ambiente in relazione all’affare. Gli ultimi atti relativi al progetto Pua sono stati l’approvazione del Consiglio comunale di Catania nel novembre 2013 e, recentemente, il parere favorevole del Consiglio regionale urbanistica. I passaggi successivi dovrebbero essere la stipula delle convenzioni con i privati e la valutazione del progetto. I dubbi, almeno per il momento, riguardano i nomi di coloro che investiranno nel progetto, che al momento dovrebbe essere sovvenzionato da un fondo anonimo con base fuori dai confini italiani.


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