Caso La Fata, la famiglia cerca i testimoni Sit-in di 300 persone in piazza Risorgimento

«Richiesta di collaborazione: la moglie e i figli di Salvatore La Fata vogliono sapere tutto su quel maledetto venerdì». Ci sono una decina di manifesti attaccati agli alberi di piazza Risorgimento. Li hanno messi lì oggi pomeriggio i parenti dell’ambulante che si è dato fuoco intorno alle 10 del 19 settembre, dopo un controllo antiabusivismo della polizia municipale. La famiglia dell’ex lavoratore edile cerca testimoni da portare a sostegno della denuncia, presentata giovedì in procura, nella quale si accusano le forze dell’ordine di istigazione al suicidio e omissione di soccorso. Cerca qualcuno che confermi la versione di alcuni presenti, secondo i quali gli agenti avrebbero istigato La Fata, sottovalutando la serietà delle sue intenzioni. Giovedì, l’uomo – che ha ustioni di secondo e terzo grado sul 60 per cento del corpo – è stato trasferito dal reparto di Rianimazione dell’ospedale di Acireale al Centro grandi ustionati del Cannizzaro, dove nei prossimi giorni i medici tenteranno di svegliarlo gradualmente dal coma farmacologico, per verificare l’assenza di danni cerebrali. E alle 17 di questo pomeriggio, per non far calare l’attenzione sul caso, Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil sono scesi in strada con le loro bandiere. Secondo gli organizzatori, erano circa 300 i lavoratori del comparto edilizio che hanno sfilato intorno a piazza Risorgimento, chiedendo sostegno al governo nazionale e alle amministrazioni locali.

«Nonostante sulla vicenda di Salvo l’attenzione non si sia mai spenta e ci sia stato un bombardamento mediatico, né dalla prefettura né dal Comune sono arrivati segnali di interessamento», dichiara Claudio Longo, segretario generale Fillea Cgil. «Abbiamo chiesto solo un tavolo tecnico per il monitoraggio delle stazioni appaltanti, cioè le istituzioni locali e i vari enti di spesa – prosegue Longo – eppure non abbiamo ricevuto nessuna risposta». Per questo motivo, tenteranno di spostare la discussione su un piano più alto: «La settimana prossima non ci muoveremo soltanto noi del comparto edilizio ma coinvolgeremo tutti i settori produttivi», conclude. Si annuncia, quindi, una nuova manifestazione. Non più in piazza Risorgimento, sebbene per i sindacati sia diventata un luogo simbolico, «ma in un’altra piazza, più grande e più centrale».

«Gli unici che ci sono vicini sono i sindacati e i medici», afferma Vincenzo La Fata, uno dei cinque fratelli (a cui si aggiungono quattro sorelle) del lavoratore adesso in coma. «Queste persone – prosegue il fratello – cercano di far parlare della nostra storia, e non possiamo fare altro che ringraziarli». Sulle condizioni di Salvatore, poi, si dicono ottimisti: «Lo siamo noi perché lo sono anche i dottori. Siamo stati fortunati perché nelle ustioni in questo momento non si sono create infezioni, e poi mio fratello è sempre stato un uomo forte e in perfetta salute, anche questo ha influito». E Sergio La Fata interviene: «È incredibile tutto quello che gli sta succedendo: lui quando veniva a vendere la frutta qui si vergognava, per lui era un’umiliazione – afferma – Adesso sta pagando la sua disperazione».


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Tutt'intorno al luogo in cui Salvatore La Fata si è dato fuoco, venerdì 19 settembre, sono stati attaccati dei manifesti. Il messaggio che lanciano è piuttosto eloquente: «Aiutateci a ricostruire l'accaduto», scrivono la moglie e i figli dell'uomo. Nel frattempo, i sindacati si sono dati di nuovo appuntamento proprio su quel marciapiede: «Nonostante le nostre richieste, né Comune né prefettura ci hanno dato risposte. Manifesteremo ancora»

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