Che cossè Vinicio

Ironico, uomo in bilico tra mitologia e folclore moderno, Vinicio Capossela non smentisce la sua personalità. All’incontro tenutosi nell’aula magna del ex-Monastero dei Benedettini ed organizzato dalla Facoltà di Lingue e Letterature straniere, Capossela ascolta pazientemente la presentazione del Preside Nunzio Famoso e della prof.ssa Emanuela Ersilia Abbadessa.

Subito dopo, non può fare a meno di aggirare il tavolo dei ‘grandi’ per sedersi in mezzo  agli studenti. Comincia il dialogo: una serie di domande per scoprire “Che Cossè Vinicio Capossela”.

 

Si toccano tutti gli aspetti di quest’artista fatto di mito, impregnato di un folclore che si mescola alla religione.  Una religiosità forte, carnale come egli stesso definisce il linguaggio della Bibbia. ‘La Bibbia- dice Capossela- ha un linguaggio forte, incisivo, che in nessun altro libro si può riscontrare.’ Forza che si ritrova nelle manifestazioni religiose dei paesi del sud, amati dall’artista, innamorato delle feste religiose. Quegli stessi paesi dove il Cristo resuscitato viene portato a danzare per la città e dai “paesani” invitato a mangiare.

 

Attraverso le sue canzoni ci parla del Minotauro, del Cristo risorto, della Medusa che balla il Cha Cha Cha. Giuseppe Mirabella, coordinatore dell’incontro, chiede come sia nato, per l’appunto, il pezzo ‘Medusa Cha Cha Cha. Canzone-omaggio ad una sua amica svedese che guardando un quadro raffigurante l’immagine della Medusa dice “Ma non è mostra. E’ soltando un po’ nervosa”.

Capossela è un randagio musicale, che prende con se tutte le atmosfere dei posti che visita e alla domanda se esista un posto che può chiamare casa, lui risponde che un indeciso non riesce mai ad edificare. Le domande si susseguono, e risposta dopo risposta, si comprende l’eclettismo del Vinicio Capossela artista. Spaziando dalla musica al teatro, dai libri al cinema  alla domanda se ha mai pensato di scrivere delle colonne sonore per dei film, risponde che vorrebbe scrivere e dirigere lui stesso un film.

Inevitabile è il rimando a Tom Waits, il musicista che  Capossela considera il primo grande artista. Per lui Waits è un’enciclopedia da cui attingere, un filtro da cui passare.

Iniziata nel 1990 la carriera di Capossela ha avuto un crescendo continuo. Alla domanda del professore Fabio Chisari, moderatore dell’incontro, se il successo spaventi l’artista, poiché aumenterebbe la possibilità di sbagliare, Capossela risponde che mangiare troppa roba può far perdere la sensibilità.

 

L’incontro si conclude con un “folcloristico” assalto a Vinicio. E’ soltanto quando i fan liberano Vinicio che possiamo avvicinarlo per una amichevole intervista.

 

I tuoi testi sono carichi di immagini, immagini che riusciamo a vedere attraverso i suoni e le parole; hai mai pensato di affiancare alle tue canzoni delle illustrazioni, dei disegni o delle tele?

Alcune cose nascono proprio dai quadri, per esempio la canzone “Nel blu” prende spunto dal quadro di Degas “Ballerine nel blu”, questo quadro esprimeva il blu riempiendo gli occhi come fosse una polvere di lapislazzuli, da questa suggestione è nata la canzone “Nel blu”.

Tante volte, inoltre, scrivendo ho cercato di disegnarmi il verso o i personaggi come è successo per “Marajà”. Illustrarmi i personaggi fa parte dello scrivere. Le immagini fanno aprte del mio lavoro. A me ad esempio piacciono molto i libri illustrati.

 

Il pezzo “Ovunque proteggi” nasce prima solo come strumentale e dieci anni dopo viene “completato” dalle parole. Una canzone che ha richiesto un lungo periodo di lavoro. Esiste una forma di protezione verso lavori così importanti?

La protezione consiste nel saper riconoscere le cose nel momento in cui sono mature. Come per i frutti, così bisogna saper riconoscere quando le proprie cose sono veramente mature (…) il modo migliore per proteggere i propri pezzi è inserirli nel disco giusto. Questo era il disco giusto. Dieci anni fa, magari, avrei inserito il pezzo nel disco sbagliato. Oserei dire che tutto il disco sia nato intorno a questa canzone.

Hai pubblicato nove dischi, immagina i tuoi dischi come le portate di un pranzo, come li serviresti per gustarli al meglio?

Malo pasto passalo presto. Per cui comincerei dall’ultimo, perché è quello che ha più peli e corna.

A seguire andrei a ritroso. Così che il primo disco diventi il dessert, quello più dolce.

 

Spessotto è Lucignolo, è l’ultimo della fila. Spessotto non è Davide ma è Golia. Tu sei ancora Spessotto, il compagno di banco dell’ultima fila?

Bisogna avere un occhio di riguardo per Lucignolo, che è Pinocchio senza la Fata Turchina. Io ho sempre avuto molta attrazione per Lucignolo. Lucignolo è molto più coraggioso di Pinocchio, Pinocchio ha la protezione della Fata Turchina, riesce a ponderare le sue scelte; Lucignolo no, va entusiasticamente verso la sua rovina. In realtà mi sento molto più vicino a Pinocchio, il quale scappa dalla propria festa, ma poi ci ripensa. La forma di ammirazione nei confronti di Lucignolo, è l’ammirazione di chi non possiede quella parte di personalità.


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