Non si uccidono così anche i cavalli (e le mucche, le galline, i maiali etc.)?

A chi non piacerebbe avere qualcosa in comune con Plutarco, Ovidio, Leonardo da Vinci, Gandhi,  Einstein, Martin Luther King? Ho una buona notizia: l’impresa non è poi così impossibile, basta diventare vegetariani. E se vi aspettavate qualche cosa di più sensazionale, considerate che da qualche parte bisogna pur cominciare per diventare dei grandi personaggi.

Essere vegetariani dicevamo.

Non è una scelta difficile, né ascetica dal punto di vista alimentare: le alternative sono molte e molto gustose. Se non ci credete potete venirmi a trovare a cena, una di queste sere. Così parliamo del perché non nutrirsi di carne e pesce è un modo concreto di protestare contro questo sistema di vita fuori equilibrio e di affermare uno stile nonviolento contro le ingiustizie, le crudeltà, la fame, l’inquinamento. Dite che sto esagerando? Vediamo perché non è così.

Non uccidere animali per cibarsene vuol dire innanzitutto rispettare la vita ed amare la giustizia nel suo senso più ampio. Significa non infliggere inutili sofferenze e rispettare l’esistenza di esseri senzienti e di compagni di viaggio; significa acquisire la consapevolezza che tra lo spargere il sangue animale (o rendersi complici di quell’atto) e lo spargere il sangue umano il passo è breve.

Il nostro senso etico ed estetico, in fondo, non può che essere offeso dall’atto di prendere un animale in vita, portarlo contro la sua volontà in un mattatoio, ignorare le sue grida e la sua resistenza, infilargli un coltello in gola, vederne sgorgare il sangue e gli umori, smembrarlo e farne una bella (?) bistecca. Il fatto che non siamo noi direttamente ad eseguire l’assassinio, non ci solleva dalla responsabilità. A meno che la gran parte di voi non sia disposto ad ammazzare personalmente l’animale che vuole mangiare.

Le terribili sofferenze che subiscono le bestie di allevamento prima di finire al macello non sono le sole preoccupazioni e non sono le più grandi. Quando qualcuno mi chiede, per esempio, “cosa posso fare per quei bambini che muoiono di fame in India o in Ciad o in Somalia?” di solito rispondo che un primo passo potrebbe essere quello di smettere di mangiare gli esseri viventi.

Non è un’eccentricità. Con gli ettari di terreno utilizzati per produrre i cereali necessari a nutrire un animale d’allevamento, infatti, si potrebbero produrre fino a 18 Kg di pane al giorno. La deduzione la lascio a voi.  Non solo: un terreno adibito a pascolo fornisce in media 1 tonnellata di carne, ma potrebbe fornirne 20 di legumi. Potenzialmente si potrebbe nutrire tutta l’umanità. Dico potenzialmente perché il problema della fame nel mondo è molto più complesso e legato anche ad altri fattori, ma prendere in esame la scelta vegetariana sarebbe un gesto innegabile di attenzione e risparmio in favore delle popolazioni che soffrono per le carestie.

E un gran guadagno anche in salute visto che ogni anno, secondo le statistiche, muoiono 13 milioni di persone per fame ed altrettante per malattie causate dall’eccessivo consumo di grassi animali. Anche se dichiarate di amare la natura ed il nostro pianeta, infine, fareste meglio a smetterla col consumo di carne e pesce. Per il nutrimento animale, infatti, si utilizzano pesticidi e concimi che raggiungono le falde acquifere e il 70% dell’acqua che si consuma ogni anno al mondo viene utilizzata proprio per l’agricoltura e la zootecnia.

E se proprio non vi siete convinti ancora che non è molto diverso amare una mucca o una gallina dall’amare il proprio cane o gatto, sappiate che questa era l’opinione di Gorge Bernard Shaw, altro vegetariano famoso: “Gli animali sono miei amici…e io non mangio i miei amici.”

Nell’attesa di diventare famosi, quindi, cominciate col diventare vegetariani.


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