Tangenziale, poliziotto uccide giovane rapinatore I parenti: «Potevano arrestarlo, era solo un ragazzo»

Un rapinatore, Francesco D’Arrigo, è morto e un altro, 14enne, è rimasto ferito alla testa in una sparatoria avvenuta intorno alle 23 in un’area di servizio Agip della tangenziale di Catania, poco dopo lo svincolo di San Giorgio, in direzione Siracusa. A sparare è stata, secondo i dettagli forniti dagli stessi agenti, una pattuglia della polizia fuori servizio che si trovava all’interno del distributore al momento dei fatti. Il minorenne è ricoverato al reparto di terapia intensiva dell’ospedale Policlinico. Dopo una delicata operazione neurochirurgica, le sue condizioni sono ancora gravissime. Un terzo complice, il 21enne Samuele Consoli, è stato arrestato. Avrebbe dovuto trovarsi agli arresti domiciliari poiché colpevole di reati contro il patrimonio. Il quarto rapinatore, indicato da chi lo conosce come la mente del gruppo, è invece fuggito. I ragazzi sarebbero tutti della zona Villaggio Sant’Agata-Librino e, secondo gli inquirenti, non erano al loro primo colpo. Sembra, infatti, che ieri notte ne avessero già tentato un altro, con successo. Ma sulla dinamica degli attimi prima e dopo la morte di D’Arrigo restano diversi dubbi: la versione della polizia, infatti, differisce in parte da quella raccontata nel quartiere.

La ricostruzione della squadra mobile etnea
I tre ragazzi erano scesi da un’auto, una Opel Corsa, mentre un quarto li aspettava alla guida. I tre stavano tentando di farsi consegnare l’incasso del bar dell’area di servizio della tangenziale quando è intervenuta una pattuglia di polizia fuori servizio, che si trovava all’interno della struttura. I rapinatori avrebbero puntato le armi, sembra delle riproduzioni di due Beretta calibro 9, contro il barista dietro al bancone. Al momento, non si sa se le due pistole fossero funzionanti o meno. L’agente fuori servizio che si trovava all’interno del bar del distributore avrebbe tentato di disarmare uno dei rapinatori, arrestandolo. Altri due malviventi, invece, sarebbero fuggiti all’esterno dell’esercizio commerciale dove, con le pistole, avrebbero minacciato il secondo agente della pattuglia. Che ha aperto il fuoco: colpendo a morte Francesco D’Arrigo, 21 anni, incensurato. Un altro dei rapinatori, un giovane di 14 anni, invece, è stato ferito alla testa ed è ricoverato al Policlinico. Il proiettile è stato «estratto dalla zona frontale sinistra, al di sopra della zona orbitale», fanno sapere i medici. Il ragazzo ha riportato anche «una emorragia cerebrale, resa evidente dalla tac, che è già stata drenata». «Al momento non è possibile fare nessuna previsione e le sue condizioni restano critiche».

La versione dei parenti e degli abitanti del quartiere
In queste ore a Librino si racconta una storia in parte diversa. Secondo le testimonianze, a capo del gruppo ci sarebbe il minorenne ricercato, il quale avrebbe architettato la rapina per aiutare Francesco D’Arrigo, a cui era vicino, rimasto senza lavoro da alcuni mesi. Una volta fallito il colpo alla stazione di servizio, secondo la ricostruzione di parenti e abitanti, il minorenne sarebbe fuggito in maniera autonoma, forse a bordo del suo scooter. Nel frattempo, il giovane adesso ricoverato al Policlino avrebbe tentato di scappare insieme a Samuele Consoli a bordo della Opel. Ma sarebbero stati raggiunti dalla polizia mentre si dirigevano verso il viale Moncada. Consoli è stato arrestato e l’altro minorenne è stato ricoverato. I parenti raccontano di essere stati chiamati dai vicini, accorsi in strada e rimasti a discutere fino alle due di notte. I ragazzo ferito sarebbe stato portato in ospedale da alcuni residenti della zona. 

Il lutto dei familiari di Francesco D’Arrigo
L’unico punto fermo in entrambe le versioni resta la morte di uno dei rapinatori. Trasportato all’ospedale Vittorio Emanuele e, secondo la versione degli inquirenti, morto poco dopo probabilmente per dissanguamento, a seguito delle ferite causate dai proiettili che lo avrebbero raggiunto alle gambe. Ma i familiari che hanno visto il corpo raccontano di più fori, anche alla schiena. Il cadavere di D’Arrigo è adesso nella camera mortuaria dell’ospedale Vittorio Emanuele. «Che bisogno c’era di sparare? C’erano le telecamere, potevano andare a prenderlo a casa e arrestarlo – dice una parente – Era solo un ragazzo».

La risposta della Squadra mobile e della Procura
Sul caso indaga la squadra mobile e la procura di Catania ha aperto un’inchiesta. Saranno valutate le riprese delle telecamere di sorveglianza e il racconto di alcuni testimoni che hanno assistito ai fatti. Intanto, l’autorità giudiziaria ha predisposto un esame balistico. «Quella degli agenti è stata una reazione legittima», dice Antonio Salvago, dirigente della squadra mobile di Catania. «I rapinatori erano armati e hanno puntato una calibro 9 contro una vittima e un poliziotto, quindi certamente c’era un fatto grave: la nostra inchiesta procederà accuratamente ma lo diciamo con chiarezza, consideriamo la polizia come parte offesa», afferma Giovanni Salvi, procuratore capo.


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