Nei Comuni di Paternò, Adrano e Acireale i lavoratori agricoli iscritti negli elenchi anagrafici sono - complessivamente - settemila. Dei quali solo 450 sono stranieri. Numeri troppo bassi per rispecchiare la realtà della raccolta degli agrumi in Sicilia orientale, un mondo sommerso affollato da centinaia di persone
Agricoltura, i dati sul lavoro nero dei braccianti Cgil: «Servono riforme e ammortizzatori sociali»
Negli elenchi anagrafici di Paternò sono iscritti 2568 braccianti agricoli. Di questi, solo 271 sono stranieri e risultano impiegati, in media, per 30 giornate lavorative l’anno. Ma il numero che spicca, nei dati diffusi dalla Flai Cgil questa mattina, è quello che non c’è: perché sono centinaia gli immigrati sfruttati ogni giorno nella raccolta degli agrumi nelle campagne paternesi. Una trentina di loro, per esempio, sono stati sfollati una decina di giorni fa dalla tendopoli in cui si erano stabiliti per arrivare più facilmente a lavoro, all’alba. E molti altri vengono reclutati tutti i giorni in piazza, assunti a giornata e, com’è evidente, pagati in nero. La denuncia del sindacato arriva pochi giorni prima della presentazione, al teatro Sangiorgi il prossimo 12 marzo, della videoinchiesta sul lavoro clandestino e l’agricoltura a Catania dal titolo Terranera. E anticipa anche alcune proposte da consegnare al governo «per il rilancio dell’intero comparto agricolo». «Ormai nessuno può più fare finta di non vedere o di non ascoltare», afferma Alfio Mannino, segretario generale della Flai Cgil etnea.
Ad Adrano, Comune poco distante da Paternò e altrettanto a vocazione agricola, gli iscritti negli elenchi anagrafici sono 3201. Di questi solo 120 stranieri, 58 rumeni, 15 marocchini e 19 tunisini. Ad Acireale, gli iscritti totali sono 979, con 66 stranieri. Dei quali 49 rumeni, 12 bulgari e cinque tunisini. «Nel nostro lavoro di sindacato di strada, quello che più ci ha colpiti è stata la sfiducia di questi lavoratori, che non si aspettano nessun aiuto e nessun controllo», prosegue Mannino. «Lo Stato si è arreso, anzi, si è ritirato», interviene Giacomo Rota, segretario generale della Camera del lavoro catanese. «Il comparto agricolo siciliano è nelle mani di gentaglia, faccendieri e delinquenti. Gli extracomunitari e i neocomunitari vengono spremuti come limoni. E tutto questo serve solo a fomentare una guerra tra poveri, in cui i siciliani se la prendono con gli immigrati perché pensano che il lavoro lo rubino», sostiene Rota.
A mancare, secondo i sindacalisti, è la presenza delle istituzioni, colpevoli di aver chiuso gli occhi troppo a lungo di fronte alla gestione del settore agrumicolo. «È impensabile che aziende che usano caporali e sfruttano il lavoro nero poi possano anche percepire sovvenzioni statali. I controlli servono a questo: a evidenziare le sacche di illegalità e a cercare i modi per combatterla – conferma Mannino – Ma se controlli non se ne fanno…». Ed è su questo tema che la Cgil promette battaglia in parlamento. In primo luogo, servirebbero una riforma del mercato del lavoro in agricoltura «che consenta un controllo rispetto alle procedure delle assunzioni» e una riforma degli ammortizzatori sociali «che preveda un sostegno per i braccianti agricoli che non riescono a maturare il diritto a percepire l’indennità di disoccupazione». «Aggiungiamo – prosegue Mannino – che è impensabile che un bracciante debba andare in pensione a 67 anni».