Paternò, cittadini contro la chiusura del Punto nascite Un ginecologo: «Dopo 25 anni mi dimetto per protesta»

La chiusura ufficiale del punto nascita dell’ospedale Santissimo Salvatore di Paternò, decisa dall’assessore regionale alla Sanità Lucia Borsellino, sta suscitando un vespaio di polemiche e proteste, soprattutto da parte degli stessi medici dell’ospedale, delle associazioni di volontariato e della politica locale. Tra queste, la manifestazione di dissenso di un medico ginecologico, Alfio Mirenna, che per 25 anni ha lavorato nel punto nascita paternese: all’annuncio della chiusura, il medico ha dato le dimissioni dal proprio incarico. «A Paternò non si nascerà più. Ci sono riusciti, le prese in giro sono finite, hanno giocato con tutti noi. Le mie dimissioni? Una forte protesta perché negli ultimi 18 mesi non ho potuto lavorare serenamente. In questo modo ognuno di noi ha perso un pezzo di storia». Mirenna si dice «svuotato, amareggiato, deluso ma con la coscienza pulita. Di più non si poteva fare». 

«Le numerose pazienti che dovevano partorire a Paternò adesso sono confuse», continua il ginecologo. Da qualche giorno il reparto di maternità è vuoto, sono attivi gli ambulatori. Dove fino a meno di una settimana addietro si poteva ascoltare il pianto dei neonati o la gioia di parenti e amici venuti in visita, adesso c’è solo silenzio. Le future mamme che volessero continuare ad avere una assistenza dal ginecologo o dall’ostetrica che svolgevano servizio a Paternò, dovranno recarsi a Biancavilla al punto nascita del Maria Santissima Addolorata, dove è stato dirottato il personale medico e paramedico paternese. «Francamente non me l’aspettavo – dice Rosaria, 36 anni, madre di due bambini partoriti proprio a Paternò -. Possibile che i nostri politici non abbiano avuto quella capacità di dimostrare con fatti e numeri alla mano l’efficienza e l’efficacia del nostro reparto? Sono delusa. Profondamente». 

Per la signora Nunzia, 29 anni, madre di un bambino, la scelta di «chiudere il punto nascita è un’altra dimostrazione di come la classe politica al governo se n’è infischiata delle 15mila firme di cittadini inviate a Palermo. Attraverso quella petizione si era lanciato un messaggio al governo regionale: il punto nascita e l’ospedale paternese in genere erano da potenziare, in quanto punto di riferimento di un bacino d’utenza di oltre 150mila abitanti». Anche per Lucia, 40 anni, madre di tre bambine, la chiusura del punto nascita paternese è illogico: «Dopo la tragedia di Nicole, il buon senso avrebbe suggerito, anziché basare un giudizio solo sui numeri, di potenziare i reparti di maternità di quegli ospedali, se vogliamo chiamiamoli di periferia, in modo tale da offrire una pronta ed immediata assistenza ai casi più delicati. E invece…». 

Intanto si muove la società civile di Paternò con una massiccia adesione da parte di associazioni no profit, culturali e sportive a una grande manifestazione, in programma domenica alle 10.30, in occasione della festa delle donne: «La chiusura del punto nascite del Santissimo Salvatore costituisce una profonda ferita per tutto il territorio: prima in termini di sicurezza; poi, sotto il profilo morale – ha affermato il comitato Pro ospedale in una nota stampa – Ma la netta impressione certificata anche dai fatti è che con il punto nascite si voglia cominciare a smantellare l’intera struttura ospedaliera paternese. Il diritto alla salute è di tutti e parte dalla conoscenza del territorio e delle sue risorse da chi è chiamato a decidere sulle sorti della sanità regionale e nazionale. Impossibile restare in silenzio». 

Sulla stessa lunghezza d’onda Grazia Scavo, presidente dell’associazione Città viva: «Con la manifestazione di domenica vogliamo lanciare un messaggio: non siamo rassegnati, vogliamo lottare perché non vogliamo la razzia del resto dell’ospedale. Non staremo zitti mentre ci rubano la nostra identità». Lo stesso comitato ha organizzato una manifestazione di protesta dinanzi al tribunale di Catania venerdì 13 marzo. Il gruppo ha anche già presentato due esposti alla Procura per denunciare i lavori fermi all’ospedale. E ancora il 12 marzo è prevista l’udienza al Tar di Catania sulla richiesta di Fabio Lo Presti – legale incaricato dall’amministrazione – di sospendere del decreto regionale sulla chiusura del punto nascite. A breve, infine, l’Asp dovrebbe procedere al ripristino dei locali siti al piano terra, chiusi da anni nel momento in cui sarebbero dovuti partire i lavori di messe in sicurezza. Il tutto attraverso uno stanziamento di circa 45mila euro. Una volta ripristinati i locali, vi saranno trasferiti il centro trasfusionale e il laboratorio analisi.


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