La storia di Jamal, dall’Afghanistan a Catania Tra pericoli, discriminazione e ottimismo

Jamal aveva solo quattro anni quando la sua famiglia decise di fuggire in Iran. Il suo unico desiderio era quello di scappare dal rumore delle bombe. I suoi genitori pensavano di raggiungere un posto sicuro, linguisticamente e culturalmente vicino, dove poter crescere i loro sette bambini. Ma ben presto scoprirono che era piuttosto complicato. Solo i fratelli maggiori erano abituati a lavorare duro, e tutta la famiglia, ogni giorno, si sforzava di aiutarli nel trasporto di materiale pesante, compreso il padre, le sorelle e lo stesso Jamal, il più giovane di tutti.

«Non avevo scarpe né vestiti per andare a scuola e gli altri, per questo, mi prendevano in giro – racconta Jamal della sua vita da adolescente -. Una volta comprai una bella giacca rossa, pensando che avrebbero smesso di deridermi. Invece hanno continuato a prendersi gioco di me perché ero solo un afghano che indossava una giacca alla moda». I media parlavano male degli afghani, diffondevano messaggi pieni di odio e discriminazione. Si sviluppò così un senso di rabbia e di odio nei confronti del popolo afghano. A scuola gli insegnanti erano crudeli. Per loro Jamal non era Jamal, era soltanto un afghano.

Per strada non si sentiva al sicuro e nemmeno a scuola. Correva il rischio di essere picchiato per il semplice fatto che fosse afghano. Il risultato dei suoi studi cominciò a peggiorare. Lui, che era sempre stato il primo della classe, non riusciva più a capire perché si trovasse lì: «Pregavo Dio perché volevo solo tornare in Afghanistan. Lì, nonostante la guerra, potevo sentirmi davvero libero». Il padre di Jamal non gli lasciò abbandonare la scuola. Finiti gli studi, Jamal decise di lasciare l’Iran per andare in Europa. Voleva studiare e costruirsi un futuro migliore. Il padre, però, non approvava la sua decisione: raggiungere l’Europa era troppo pericoloso.

Dopo la morte di sua madre, Jamal decise comunque di partire. Il suo sogno era l’Inghilterra, dove viveva la sorella. Aveva soltanto 21 anni ed era il 2001 quando decise di pagare un contrabbandiere che lo aiutasse intanto a raggiungere la Grecia. Il tentativo, però, non riuscì e lui fu costretto a tornare in Iran. Due anni dopo ci riprovò. Il viaggio iniziò dalle coste della Turchia. «La barca era veramente piccola – racconta Jamal – una volta a bordo abbiamo sistemato i nostri vestiti e, con una gamba dentro e una fuori, abbiamo iniziato a remare». Era dicembre. Le dieci ore di viaggio non furono facili. Un ragazzo cadde in acqua e, quando fu aiutato a risalire, era congelato. Un altro piangeva e pregava forte. Un altro ancora guardava al mare, immobile, senza fare nulla. Jamal alla fine riuscì ad approdare in terra greca. 

Nei cinque anni successivi vagò per diversi Paesi europei, affrontando situazioni pericolose, lottando per avere la vita che sognava. La fuga dalla questura, il tentativo di raggiungere l’Inghilterra attraverso la Francia nascosto sotto un camion che stava per imbarcarsi su un traghetto. Jamal si aggrappò al condotto vicino le ruote. Era inverno e la neve sporca delle strade non faceva che schizzare contro il suo viso. Il camion andava così veloce che Jamal non riusciva più a sentire il suo corpo. Dopo parecchie ore, finalmente il camion si fermò e lui riuscì a correre via. Tempo dopo, dall’Inghilla sua famiglia decise di fuggire in Iran, cercando un po’ di pace.terra Jamal tornò in Grecia. E da lì in Italia. Dove solo nel 2008 ha ottenuto il permesso di soggiorno.

Adesso Jamal ha 34 anni e vive a Catania. Cerca ogni giorno di essere felice e di fare ciò che desidera nella sua vita. «Sono nato in una famiglia musulmana, ma questa è la religione che ho ereditato, non quella che ho scelto». Jamal ha studiato altre religioni, non approvava molte cose dell’Islam, e adesso afferma orgogliosamente di essere cristiano. Tuttavia Jamal non ha ancora la vita che vorrebbe. Attorno a lui c’è tanta discriminazione: spesso non gli è permesso stare in un pub con gli amici, come fanno tutti. Per loro si inventano regole diverse, scuse e bugie. La gente non lo conosce nemmeno, eppure spesso lo accusa di essere un ladro. Jamal potrebbe vivere e lavorare in Europa se solo avesse la cittadinanza italiana. Ma deve vivere in Italia non meno di dieci anni e avere un lavoro regolare per almeno tre anni. Un requisito non facile da soddisfare di questi tempi. Eppure, nonostante tutto, Jamal continua a sorridere e a guardare al mondo con sguardo ottimista.


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