Unict, la storia di una studentessa non vedente «Il mio percorso completo, ma non grazie all’università»

«Si devono rivedere gli obiettivi, a cominciare dalla didattica: se si devono formare dottori in Lingue, sono queste le materie da potenziare. Il mio percorso l’ho completato, ma solo attraverso le mie esperienze personali, non grazie all’università». Lucia ha 28 anni. Non vedente da quando era adolescente, è originaria di Adrano. Dopo il diploma al liceo Lombardo Radice e un corso di formazione professionale, si è laureata al dipartimento di Scienze umanistiche da pochi giorni, discutendo una tesi sulla traduzione del libro La cattedrale del mare dell’autore contemporaneo Ildefonso Falcones. Un traguardo raggiunto in tempi molto rapidi rispetto alla media, poco meno di quattro anni. «Ma un anno l’ho perso non per colpa mia», sottolinea. E spiega come un problema sorto con la precedente relatrice l’abbia costretta a cambiare docente a tesi ultimata, facendole rinviare il termine degli studi. 

«Mi piace molto viaggiare e comunicare, per questo ho scelto il corso di laurea in Lingue», racconta Lucia. Il suo percorso nell’ateneo catanese, però, non è stato dei migliori. «Non lo rifarei», confessa. «Quando si fa qualcosa nel pubblico, le cose non sempre vanno bene. La mia formazione è stata migliore solo grazie a me, al mio impegno». Secondo la neo-dottoressa sono diverse le criticità riscontrate all’interno del Disum. A cominciare dallo studio delle Lingue: «Facevamo le lezioni di lettorato ascoltando un cd». La causa: «Mancano i fondi. Così ci si ritrova in 200 in aula con un solo lettore. Così è poco formativa. Ci fermavamo allo standard di due lezioni a settimana». E poi «il servizio informatico ha funzionato solo per pochissimo», sorride con un pizzico di amarezza. 

Ma un aspetto importante riguarda i problemi pratici legati alle necessità di Lucia. «Per sostenere un esame a novembre, dovevo pensarci già a giugno – esclama – Si devono comprare i libri, portarli alla stamperia braille, chiedere l’autorizzazione, aspettare il proprio turno». Un aiuto è stato fornito dal Cinap, il Centro per l’integrazione attiva e partecipata di Unict che fornisce sostegno agli studenti diversamente abili anche attraverso l’aiuto di tutor. «Ho chiesto di poter utilizzare uno scanner, così da portare i testi in formato word e poterli studiare con la sintesi vocale o la barra braille», uno strumento da collegare attraverso un cavo usb al computer e che riporta in braille i file. Molto utile soprattutto per chi, come l’ex studentessa, studia anche in lingua straniera. «Non ho mai avuto problemi con il Cinap, mi sono sempre venuti incontro», così come i referenti del dipartimento per gli iscritti disabili. Ma si tratta di una caratteristica non comune ad altri docenti incontrati nel suo percorso universitario. «Dati i tempi molto lunghi, a volte chiedevo ai professori di poter utilizzare dei testi già tradotti in braille per gli esami – ricorda Lucia – Ma a volte mi rispondevano: “Non è possibile”. “Hai seguito le lezioni con un altro programma”. E così dovevo aspettare: non posso comprare un libro e iniziare a studiare il giorno dopo».  

Il consiglio che la ex studentessa darebbe ai vertici universitari è quello di curare sempre il vero obiettivo dell’istituzione: gli studenti. «Non si pensa a loro. I professori dovrebbero essere delle guide. A parte i casi in cui si viene rimandati giustamente – premette – non è giusto bocciare senza motivo a un esame: diventa un blocco inutile, una perdita di tempo». Se Lucia potesse salvare qualcosa dalla sua esperienza universitaria, sarebbero i Medialab, le attività facoltative organizzate dalla ex facoltà di Lingue. «Ho frequentato il corso sul teatro in lingua spagnola: è stato grazie a questo lavoro che mi sono appassionata alla letteratura spagnola e poi ho scelto questa materia per la tesi». Un elemento apprezzato è stata la possibilità di lavorare in gruppo. «Purtroppo di solito manca il confronto con i colleghi, non si studia insieme. Oggi siedi in un banco vicino a una persona, domani vicino a un’altra. Ma lavorando assieme si creano legami. Molti dei miei amici li ho conosciuti grazie al corso». Un’iniziativa, quella dei Medialab, che si è conclusa assieme alla chiusura dell’ex facoltà. «È stata un’esperienza bellissima, peccato che abbiano fatto finire anche questa», sospira. 

Dopo aver guadagnato la desiderata pergamena, per Lucia è tempo di pensare al futuro. «Vorrei fare la specialistica in Traduzione e interpretariato a Roma. Oppure frequentare un corso teatrale: amo il campo artistico». Quanto successo tra le mura dell’ex monastero dei Benedettini, sede del dipartimento di Scienze umanistiche, non le ha tolto il desiderio di proseguire il percorso di formazione personale. «Ogni esperienza, positiva o negativa, è comunque utile», sorride. 


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