Aci Catena, chieste le dimissioni di Barbagallo Assessore al Bilancio imputato per reati tributari

«Pregevolissimo signor sindaco, il Comune di Aci Catena, da lei rappresentato, ha intrapreso un cammino contro l’illegalità». Inizia con queste parole la lettera — inviata da Libera Impresa ad Ascenzio Maesano — con la quale l’associazione antiracket chiede al primo cittadino catenoto di sollecitare le dimissioni o, nel caso in cui queste non dovessero arrivare spontaneamente, di sollevare dall’incarico l’attuale assessore al Bilancio, Giuseppe Barbagallo. A origine della richiesta, la condizione di imputato di quest’ultimo in un processo nel quale dovrà difendersi dall’accusa di aver indicato, in qualità di legale rappresentante della società Il Feudo Costruzioni s.r.l., «elementi passivi fittizi» all’interno di dichiarazioni unificate relative all’anno di imposta 2010 con l’obiettivo di «evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto».

L’attuale esponente della giunta Maesano, nel dicembre 2009, si sarebbe avvalso in due occasioni di fatture emesse per operazioni inesistenti. La prima da parte della società Arka Costruzioni s.r.l., per un valore di 109mila euro, in cui proprio Barbagallo ricopriva la carica di procuratore speciale. E la seconda da parte dell’Acicatena Calcio, la principale formazione calcistica catenota, per un valore di 40mila euro

E se sulla richiesta di Libera Impresa – che proprio negli scorsi mesi ha aperto una propria sede all’interno dei locali comunali dell’ex cine Savoia – il diretto interessato si trincera dietro un «no comment», da parte dell’amministrazione comunale catenota si attendono risposte nelle prossime ore. L’ufficio stampa dell’ente fa sapere che il sindaco «al momento si trova fuori città e si riserva la possibilità di intervenire nella vicenda non appena farà rientro». Tuttavia, il tempo per intervenire Maesano lo avrebbe già avuto: il rinvio a giudizio dell’assessore Barbagallo risale a inizio dicembre e il processo ha già avuto la prima udienza il 13 marzo, con un rinvio al 14 maggio a causa di un errore di notifica.

Nel procedimento giudiziario, che si svolge nella terza sezione penale del tribunale di Catania, Barbagallo è imputato insieme ad altre nove persone. Stando all’accusa, infatti, sarebbero altre sei le società che avrebbero usufruito di fatture per operazioni inesistenti con l’Acicatena Calcio, con l’intento di evadere il fisco. Al centro dell’indagine, infatti, ci sarebbe la società sportiva che all’epoca dei fatti militava nel campionato di serie D: la dirigenza del club, infatti, in più occasioni tra il novembre 2007 e l’aprile 2010 avrebbe emesso fatture false che avrebbero consentito l’evasione alle ditte. A finire nella lente d’ingrandimento della guardia di finanza sono state 11 fatture per un totale di poco meno di 300mila euro. Cifra questa che però, stando all’avvocato Orazio Consolo, legale di Carmelo Grasso e Sebastiano Strano – ai vertici della società sportiva insieme a Rosario Sorbello, anch’egli imputato, negli anni incriminati – sarebbero state soltanto espressione di sponsorizzazioni di cui l’Acicatena Calcio beneficiò per sostenere le spese di gestione: «In quegli anni – commenta Consolo – l’Acicatena militava in un campionato semiprofessionistico e quelle somme sono facilmente giustificabili in relazione ai costi della categoria».

A rendere più complicata la dimostrazione della liceità del comportamento dei tre presidenti potrebbe esserci, però, la sparizione delle documentazioni relative al flusso di operazioni che in quegli anni avrebbe caratterizzato l’attività della società sportiva. Nel decreto di rinvio a giudizio, infatti, si legge che nei tre anni gli imputati «occultavano o comunque distruggevano le scritture contabili e i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione del volume d’affari». Per Strano e Sorbello, infine, l’accusa è anche quella di aver utilizzato i fondi provenienti dalle sovvenzioni elargite dal Comune di Aci Catena per altri scopi. Nella maggior parte dei casi, i due avrebbero prelevato le somme in contanti o girandole su altri conti personali. In totale, in meno di quattro anni, i due avrebbero prelevato circa 180mila euro, il cui utilizzo a oggi non sarebbe dimostrato «da alcuna documentazione».


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