AddioPizzo Catania risponde al prefetto Postiglione «Aziende confiscate: niente pessimismo ma tutele»

«Il prefetto Postiglione non è un uomo dello Stato qualsiasi: è il direttore dell’unico organo in tutta Italia che ha il compito di gestire beni ed aziende confiscate alla criminalità organizzate e in quanto tale riteniamo che abbia il dovere di credere più di chiunque altro nel proprio lavoro». Sono parole di fuoco quelle che l’associazione AddioPizzo Catania rivolge a Umberto Postiglione, ex prefetto di Palermo e attuale direttore nazionale dell’ente che si occupa di gestire i beni confiscati ai mafiosi. «E invece, a leggere le sue affermazioni, sembra quasi che il prefetto si sia fatto prendere da un momento di leopardiano pessimismo». Il riferimento di AddioPizzo è all’intervista rilasciata dal prefetto a MeridioNews riguardo il passo indietro sulla sede catanese dell’agenzia – annunciata nel 2013 – e il futuro delle aziende confiscate. Spesso costrette a chiudere per una gestione eccessivamente burocratica e lo scarso sostegno dello Stato più volte denunciati dagli stessi amministratori giudiziari.

«Noi non possiamo fare assistenza né inventarci soluzioni impossibili. La maggior parte delle imprese ex mafiose in un contesto normale scomparirebbero». Queste le parole di Postiglione riportate nella nostra intervista. «Anziché rammaricarsi della difficile condizione dei lavoratori delle aziende confiscate, sembra che abbia voluto metterli in una sorta di triste competizione con tutti gli altri lavoratori che in Italia subiscono gli effetti della crisi del lavoro», risponde AddioPizzo. Gli stessi lavoratori, quelli delle aziende confiscate, che secondo Postiglione «hanno avuto gli stipendi pagati dal pubblico per nove, dieci anni. Se raccontassimo le loro lamentele ad altri lavoratori licenziati in questo momento di crisi, quelli cosa direbbero?». Un commento «indecoroso» per l’associazione antiracket, che aggiunge: «Il pubblico, signor prefetto, è lo stesso pubblico che paga profumati stipendi ai nostri amministratori e pretende di vedere i risultati del loro impegno, inclusi i risultati dell’Agenzia da lei guidata».

E non va meglio con l’analisi che Postiglione fa della sostenibilità delle aziende confiscate. Due casi su tutti: quello della ditta di trasporti Riela, un tempo tra le più floride della Sicilia e poi fallita sotto l’amministra giudiziaria; e quello della La.Ra, azienda di condizionamento per ambienti che lavorava nella base Usa di Sigonella. AddioPizzo chiede di conoscere i piani del prefetto per queste e altre realtà. «Si limiterà ad accompagnarle alla fine quasi come fossero un peso? O magari ci limiteremo a venderle, magari restituendole ai legittimi proprietari o ai loro prestanome? Oppure le svenderemo, le smembreremo, ancor prima di vedere se possono funzionare?». Ma la risposta sembra essere già stata data: «Se c’è il mercato lavorano, se devono chiudere chiudono. Noi dobbiamo solo accompagnarle: o verso il bene, o verso la fine», rispondeva Postiglione a MeridioNews.

«Lo Stato deve impedire che sia così», sottolinea AddioPizzo. Che si rivolge anche al ministro dell’Interno Angelino Alfano e alla commissione nazionale antimafia guidata da Rosy Bindi e Claudio Fava, affinché si esprimano sulle parole del direttore Postiglione. «Ci sono migliaia di famiglie e di lavoratori che non hanno mai chiesto assistenzialismo – conclude l’associazione etnea -, ma solo il rispetto dei loro diritti di lavoratori e un pronto intervento da parte di chi ha la possibilità di fare fruttare questo enorme patrimonio delle aziende confiscate».


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