Un miracolo di nome Smeralda Ieri i funerali della piccola catanese

All’uscita del feretro bianco sul sagrato della cattedrale, mille e più palloncini sono stati liberati verso il cielo. Mentre tutto intorno il suono del silenzio di una piazza Duomo tagliata in due dalla luce obliqua del sole invitava anche i turisti di passaggio a raccogliersi in preghiera. Proprio la Cattedrale, il tempio che custodisce la massima fonte di gioia per i catanesi, sant’Agata, era stata teatro di quello che solo in apparenza era un rito funebre, ma in realtà era la celebrazione della vita che si fa eterna. Dentro quel feretro bianco, davanti all’altare, a pochi passi da Pino e Valeria, genitori che sono uno spot vivente alla sacralità dell’amore, Smeralda, quattro anni di sofferenze tra gli ospedali e la croce giornaliera di una esistenza vissuta a letto, attaccata ai macchinari.

Perché?, è la domanda, terribile e irrisolta, con cui confrontarsi ogni giorno. È grande il rischio di trovarsi davanti a quel silenzio di Dio che ha visto teologi, o grandi uomini di cultura, come il regista svedese Ingmar Bergman, impegnati a decifrare senza riuscirci fino in fondo. Vorremmo avere risposte, ma non le otteniamo. Solo la fede, può salvarci, argomenta il sacerdote Nello Ausini nella sua predica a commento del Vangelo di Giovanni sulla Risurrezione di Lazzaro. O la certezza che la vita terrena è «solo un passaggio». «Adesso Smeralda è con Gesù e sarà con lui quando anche noi, l’ultimo giorno, ci ricongiungeremo con il Padre» dice nel sermone pronunciato con voce pacata e puntuale da Peter Wilson, conduttore di Missione Paradiso, la comunità nella quale proprio la madre di Smeraldina, Valeria, è molto impegnata. 

Dentro quella piccola bara bianca il corpo di Smeralda ha realizzato il miracolo di riaffermare la dignità di qualunque vita umana, soprattutto quelle che, secondo alcuni, non avrebbero dignità di essere vissute. Un inno al coraggio di vivere. Lo sanno i genitori e i parenti, che giorno per giorno hanno vissuto questo calvario, originato da un parto in cui qualcosa – o più di qualcosa – non ha funzionato. Se due gemelle in perfetta salute che pesavano prima della nascita sette chili vengono fatte nascere senza parto cesario e una delle due va in asfissia e uscirà dall’ospedale solo dopo due anni e mezzo, costretta in un letto. 

Lo sanno gli amici, anche quelli della curva Nord del Catania, che in questi anni hanno sposato e fatto da megafono alle battaglie di Pino per libertà di cura – così come lo stesso Catania, rappresentato dal presidente Nino Pulvirenti che ha assistito con molta partecipazione alla cerimonia -. Lo sa Pietro Crisafulli, presidente dell’associazione Risvegli Onlus, che ha vissuto il dramma del fratello Salvatore e, a fine cerimonia, ha ricordato che in Italia esistono tanti genitori che combattono accanto ai figli la battaglia per il diritto a essere curati contro uno Stato che riesce persino a sperimentare la dittatura della burocrazia della salute

Questo è il miracolo compiuto da Smeralda, nella sua breve vita: aver trasformato sensibilità diverse in una comunità che, nel suo nome, ha intrapreso un percorso affinché non ci sia più un altro caso Smeralda. Non ci sia più un bambino al quale venga impedita la possibilità di sopravvivere sperimentando una cura. Questo è il miracolo di Smeralda, nelle nostre vite. Un miracolo di nome speranza. Sta solo a noi alimentarla.


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