Numero chiuso, Udu: «Vittoria a metà» Test nel corso in cui è stato vinto ricorso

Una «vittoria a metà», «perché non è stato abolito il numero chiuso in tutte le aree e, soprattutto, perché resta in un corso dove a febbraio è stato vinto un ricorso al Tar del Lazio». Così Giuseppe Campisi, rappresentante dell’Unione degli universitari, commenta l’ufficialità della fine dello sbarramento generale per i corsi di laurea dell’università di Catania. Il riferimento è a Scienze e tecniche psicologiche, del dipartimento di Scienze della formazione, dove i giudici hanno dato ragione a uno studente che ha contestato la selezione

Nelle motivazioni, il tribunale laziale sottolinea che «il numero chiuso costituisce una eccezione rispetto alle ordinarie modalità di accesso alle università e non può essere istituito al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge». Ossia per le aree dove vigono le selezioni nazionali (area medica, Architettura, Professioni sanitarie). «Il cambiamento di passo è evidente – sottolinea Campisi, anche in un comunicato ufficiale diramato dall’Udu – È anche frutto di una battaglia che portiamo avanti da quando è stata presa la decisione di chiudere totalmente l’accesso. E, inoltre, è una novità rispetto alla tendenza nazionale». 

Il corso di Scienze e tecniche psicologiche è il più ambito per quanti mirano a intraprendere tale percorso professionale e non hanno la possibilità di spostarsi fuori, come minimo sulla Kore di Enna. «Ci sono studenti che non passano il test, ma acquistano i crediti singoli». Una misura che permette agli iscritti di comprare le materie in attesa di poter frequentare ufficialmente il corso di laurea. Le cifre per ogni credito formativo universitario (cfu) si aggirano tra i dieci e i trenta euro. Per una singola materia si possono spendere anche 180 euro. Nato come una maniera per permettere un aggiornamento culturale o l’ampliamento di un curriculum accademico, in questo caso «i ragazzi utilizzano questo metodo per iniziare a studiare, poi sperano di passare il test», racconta il rappresentante dell’Udu. Nel caso in cui vengano ammessi, però, partono ugualmente dal primo anno. 

«Speriamo si possa convocare un tavolo con i direttori dei dipartimenti che hanno mostrato delle resistenze», auspica Campisi. «Sarebbe importante se l’università di Catania si facesse portavoce a livello nazionale di un dibattito. Un modo per far capire che il meccanismo di tagli economici, che ha portato gli atenei a restringere le immatricolazioni, è da rivedere», conclude.


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