Il libro mastro delle estorsioni dei Carcagnusi Entrate e uscite, tra cui colombe e panettoni

Un vero e proprio libro contabile con ricavi e spese messe nero su bianco sulle pagine di un block-notes. Annotazioni ordinate in cui spesso si fa ricorso a semplici iniziali o in cui si omette l’uso dei cognomi. Il libro mastro delle estorsioni del clan mafioso dei Carcagnusi, da cui ha preso il nome l’operazione antimafia Enigma della squadra Mobile di Catania, è il cuore di un’indagine partita alla fine del 2012 quando gli agenti perquisiscono l’abitazione di Costantino Grasso nella frazione di Lineri, a Misterbianco. La caccia alla droga porta anche al ritrovamento degli appunti. Da qui l’inizio della complessa operazione di analisi per risalire agli effettivi nominativi delle vittime. Nella lista, la suddivisione prevede di affiancare a ogni nome la somma. Soldi che, secondo l’accusa, rappresentano la movimentazione economica del clan che farebbe riferimento al super boss Nuccio Mazzei, catturato lo scorso aprile in una villetta nel territorio di Ragalna, dopo una latitanza durata quasi un anno. Tra le voci, le estorsioni fatte ai commercianti, l’elenco dei cosiddetti stipendi che di solito vengono corrisposti ai familiari degli affiliati detenuti e, infine, la compravendita della droga

Il contabile del gruppo segna con cadenza mensile le varie somme. In una di queste, ad esempio, la dicitura «consegnati alla moglie di E. 350 x G.». Iniziale da affiancare a un pregiudicato, affiliato al gruppo di Lineri, che proprio in quel periodo doveva scontare una condanna per omicidio aggravato. Tra gli stipendiati ci sarebbe stato anche un altro gregario del clan, nel 2012 in carcere a piazza Lanza, dopo essere stato scoperto a compiere un’estorsione al titolare di un magazzino di bibite. Tra le voci in uscita ci sono anche 1350 euro destinati all’acquisto di panettoni natalizi, colombe e uova pasquali ma anche mille euro da destinare per un motorino a un soggetto annotato con il nominativo di Antonio. Somme di denaro con cui sarebbero state pagate anche le spese legali. Scorrendo le varie voci ci sono 200 euro affiancati alla dicitura «avvocatessa». Non solo uscite ma anche diverse entrate. Somme che vanno dai 4000 euro di un autoricambi ai 2000 che avrebbe versato un rivenditore di barche della zona di Misterbianco. Gli introiti potevano anche essere divisi in percentuale con la quota di mille euro: «50 per cento Grasso e 50 per cento suo zio». 

A essere coinvolti nell’operazione ci sono anche nove imprenditori, ai quali le forze dell’ordine contestano il reato di concorso in estorsione: per riscuotere alcuni crediti, si sarebbero rivolti al gruppo riconducibile a Mazzei. Una formula, quest’ultima, ritenuta dal magistrato Rocco Liguori sempre più allarmante: «Diventa redditizia per i clan più delle normali estorsioni da alcune centinaia di euro ai piccoli commercianti. Questo perché viene normalmente trattenuta la somma del 50 per cento su quella recuperata, quindi cifre che corrispondono a migliaia di euro».

Per sopperire all’eventuale mancato versamento dei contanti, il gruppo avrebbe optato anche per i pagamenti in natura. Dal mezzo vitello macellato del valore di mille euro, passando per la macchina per lo spruzzo di intonaci che di euro ne valeva diverse migliaia, fino alla cessione di una potente motocicletta. Numerosi gli episodi in cui si faceva ricorso alla violenza. In un’intercettazione il contabile Costantino Grasso ordina a Giuseppe D’Agostino: «Ammazzulu de coppa […] U sangu faccillu nesciri macari d’aricchi». In alcuni casi il gruppo avrebbe utilizzato anche delle armi. Il titolare di un compro oro si sarebbe visto puntare una pistola alla testa per essere costretto a versare 2000 euro


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