S. G. Li Cuti, lo strano caso del solarium Affidato dal Comune alla onlus fantasma

Una lettera quasi anonima, ma dettagliata nell’idea da proporre all’amministrazione. Tanto da conoscere il numero esatto di metri quadrati concessi dal Demanio marittimo e da allegare già il progetto con le relative autorizzazioni. È così che l’associazione Maria SS. Bambina di Rimini si presenta per la prima volta al Comune di Catania per chiedere la possibilità di costruire e gestire un solarium a San Giovanni Li Cuti. Mai completato. Da quel momento in poi, l’iter registra alcune anomalie. Eppure procede. Nonostante le scarse referenze dell’associazione: inesistente online, con sede legale in un appartamento di villeggiatura e presieduta da una suora, Bruna Corti, e da Claudio Foti, un catanese emigrato a Rimini con alcuni procedimenti penali a carico e una condanna per appropriazione indebita.

La lettera di maggio 2014 riporta un indirizzo della onlus incompleto e integrato a penna, nessun nome di un rappresentante e una firma anonima. Nemmeno l’ombra di uno statuto per sapere di cosa si occupano. Un pressapochismo nella forma che però non fa il paio con il contenuto del documento. Dove si chiede l’autorizzazione proprio per i 1.381 metri quadrati disponibili per l’amministrazione e si allega un «progetto con i visti del Genio civile e della Soprintendenza». Il tutto «per attività riabilitative ed educative». Due mesi dopo viene firmata la convenzione con cui l’amministrazione autorizza la onlus a realizzare e gestire il solarium. Metà dedicato ai portatori di handicap e l’altra metà per tutti i cittadini. E non solo. Il Comune aggiunge anche un «piccolo punto di ristoro», mai chiesto formalmente dall’associazione.

È la prima volta che se ne parla, tanto che l’amministrazione deve chiedere al Demanio marittimo una variante rispetto alle autorizzazioni richieste dal 2010 a oggi. Nell’approvazione dell’ufficio regionale, quello che era un «piccolo punto di ristoro» diventa, in base al progetto presentato, «un punto di ristoro e un’area ombreggiata». Ma intanto siamo ad agosto del 2014 ed è ormai troppo tardi per montare il solarium. La questione viene quindi rimandata all’anno successivo. Resta però da definire un ultimo aspetto: il passaggio della concessione demaniale dal Comune alla Maria SS. Bambina. L’associazione chiede l’autorizzazione a dicembre 2014. Due mesi dopo se la vede respingere dal Demanio perché manca «l’idonea documentazione». Ma soprattutto a mancare è la richiesta con cui il Comune di Catania dovrebbe cederle la propria concessione. L’amministrazione colma presto la lacuna, ma la onlus «risulta irrintracciabile», scrive il Demanio. «Urge sollecitare associazione», appuntano a penna dal Comune di Catania. Che resta il gestore formale del solarium. 

Così è sempre il Comune a notificare alla Regione l’inizio dei lavori il 23 giugno di quest’anno. Due settimane dopo la piattaforma è quasi completa, ma gli operai si fermano. «La onlus di per sé non ha fonti di guadagno. È venuto meno uno sponsor importante», spiega Vito Venticinque, avvocato che racconta di aver curato il progetto etneo per conto dell’associazione di Rimini. Il riferimento è a non meglio precisati «imprenditori locali». Che forse potrebbero aver perso l’interesse nel momento in cui, a stagione balneare cominciata da un pezzo e in assenza dell’autorizzazione del Demanio, la onlus non avrebbe potuto gestire né il solarium né il bar. In ogni caso, adesso il Comune avrebbe deciso di annullare la convenzione e chiedere lo smontaggio della struttura.

Impossibile chiedere conferma a chi presiede la Maria SS. Bambina. Online non c’è traccia delle iniziative dell’associazione che, sconosciuta alla rete di chi si occupa di disabili, non risulta iscritta nell’apposito registro della Regione Emilia Romagna. Fondata nel 2012, la sede legale indicata nella convenzione con il Comune etneo è un’apparente casa di villeggiatura e non risultano altre sedi per le attività. Qualche informazione si trova invece su Claudio Foti, presidente e rappresentante legale. «È sempre molto ricercato dai miei colleghi per i vari procedimenti che ha – racconta Paola Bergamini Benzi, avvocata riminese che ha sostenuto un processo a carico di Foti per appropriazione indebita – Dopo la truffa alla mia assistita si è fatto un po’ di carcere, ma ora è libero e sempre irreperibile». Un profilo compatibile con quello che viene fuori dai tanti non ricordo dell’assessore all’Ecologia e ambiente Rosario D’Agata: «Sono riuscito a parlare a fatica con l’associazione e solo con i suoi intermediari locali», raccontava a MeridioNews. Foti, contattato al telefono, non ha mai risposto. «Non posso parlare, scriva grazie», la sua replica via sms. Seguita dal silenzio dopo avere appreso l’argomento in questione.


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