Caso Nicole, tre medici sospesi dalla professione «Pericolo concreto e attuale di reiterazione dei delitti»

Dieci mesi di sospensione dalla professione medica per tre medici indagati per la morte di Nicole, la neonata deceduta il 12 febbraio – a poche ore dal parto avvenuto nella clinica Gibiino di Catania – all’interno dell’ambulanza privata che la stava trasportando verso Ragusa, perché non vi sarebbero stati posti disponibili nelle Unità neonatali etnee e di Siracusa. La richiesta della procura è stata accolta dal gip che ha disposto la misura per il neonatologo Antonio Di Pasquale, la ginecologa Maria Ausilia Palermo e l’anestesista Giovanni Alessandro Gibiino. Per i tre i reati contestati sono di omicidio colposo e falso ideologico nella cartella clinica. 

La decisione è stata presa per la «sussistenza del pericolo concreto e attuale di reiterazione dei delitti», spiegano gli inquirenti, il procuratore della Repubblica facente funzioni Michelangelo Patané e i sostituti Alessandra Tasciotti e Angelo Brugaretta. La comunicazione è stata data anche all’ordine dei Medici che potrà disporre eventuali provvedimenti disciplinari. Nell’ordinanza del gip vengono messe in risalto «le condotte di inquinamento probatorio poste in essere dagli indagati sia in relazione ai reati di falso ideologico sia in relazione alla pervicacia dimostrata dagli stessi nell’occultamento del delitto di omicidio doloso, come emerso dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio e dalle intercettazioni telefoniche». 

La cartella clinica sequestrata viene definita «carente e complessivamente inattendibile con riferimento al decorso del travaglio, alle condizioni di salute della bambina dopo la nascita e alle manovre rianimatorie praticate». La procura ha acquisito – oltre ai documenti – anche le riprese del parto e le registrazioni delle videocamere di sorveglianza della clinica. Da alcune intercettazioni, inoltre, sarebbe emersa «l’incompletezza del kit di emergenza neonatale in dotazione alla sala parto, con particolare riferimento alla mancanza degli strumenti necessari per la cateterizzazione del neonato, procedura indispensabile per una corretta rianimazione e stabilizzazione del bambino». 

Secondo la perizia dei medici legali nominati dalla procura, il decesso sarebbe dovuto a un «arresto irreversibile delle funzioni vitali, consecutivo a una grave sofferenza acuta fetale». Netto il parere dei periti: «La condotta professionale della ginecologa Maria Ausilia Palermo non può essere condivisa». Giudizio severo anche per il resto dei componenti dell’equipe: «La stessa cosa deve intendersi per quanto attiene alla condotta del neonatologo Antonio Di Pasquale e dell’anestesista Giovanni Gibiino». Per gli esperti quanto successo dopo la nascita – la ricerca di una Utin e la corsa in ambulanza – non avrebbe avuto un peso rilevante per la morte della neonata. «Tutte le questioni inerenti alla organizzazione del Sues 118 (sulle quali non è compito nostro entrare) non hanno nel caso in esame alcuna rilevanza causale e concausale», hanno affermato il medico legale Giuseppe Ragazzi, la ginecologa Claudia Giuffrida e la neonatologa Eloisa Gitto. «La piccola – hanno concluso – prima della partenza era in condizioni cliniche terminali». 

«Noi riteniamo che nel momento in cui la bambina ha lasciato la clinica non aveva nessuna speranza di sopravvivenza – sottolinea Patanè – L’accusa che viene mossa al ginecologo di fiducia è che si sarebbe dovuto procedere con un parto cesareo d’urgenza». E prosegue: «Si è accertato che è stato compiuto da parte di costoro il reato di omicidio colposo e il reato di falso in atto pubblico poiché si è ritenuto che quanto attestato nella cartella clinica non risponde a verità». Quelli forniti, dunque, sono «dati che contrastano assolutamente con le risultanze della perizia medico-legale». 

I responsabili della clinica hanno sempre respinto le accuse secondo le quali Nicole sarebbe morta all’interno della clinica. «La bambina non è morta qui dentro», ha dichiarato Calogero Gibiino, presidente del consiglio di amministrazione, nel corso di una conferenza stampa convocata lo scorso 13 giugno. Dal mese di marzo la Regione ha sospeso i parti all’interno della struttura e disposto il trasferimento delle gestanti. Nei confronti della clinica è stata presentata anche una denuncia per lesioni personali da parte della madre, Tania Laura Egitto. I medici avrebbero dimenticato di estrarre dal corpo della donna una garza usata per le medicazioni post partum.

Il caso della morte della bambina catanese ha sollevato numerose polemiche anche a livello politico. La ministra della Sanità Beatrice Lorenzin ha minacciato il commissariamento dell’assessorato regionale se non avesse prodotto in fretta delle risposte. E l’allora assessora Lucia Borsellino ha personalmente ispezionato la clinica Gibiino, disponendo anche una verifica in tutti i punti nascita dell’isola

Nel registro degli indagati risultano iscritte anche altre persone. «Vi sono altri indagati per i quali poi, all’esito, si farà uno stralcio», conclude Patanè. Nei prossimi giorni sono previsti gli interrogatori di garanzia. 


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