Playa, via tutto il cemento entro il 2020 «Un successo arrivare al 20 per cento»

«Entro il 2020 la Playa sarà decementificata, almeno in teoria». La lotta al cemento sulla sabbia catanese ha una scadenza precisa. Tra 15 anni scadranno le proroghe sulle concessioni demaniali date ai 90 lidi del lungomare sabbioso etneo. A quella data, per volere dell’Europa, gli spazi destinati alla balneazione saranno assegnati con gara pubblica al migliore offerente. Arrabbiati gli attuali concessionari, che avranno anche l’obbligo di lasciare il suolo totalmente sgombro da strutture permanenti, o quasi. «Alcune, se la Regione le riterrà funzionali alla balneazione, potranno rimanere», dice il geometra Santo Messina, funzionario dell’ufficio del Demanio marittimo di Catania. Potrebbero restare bagni, docce e non solo. A conti fatti, ammette: «Sarà un successo se riusciremo a togliere il 20 per cento del cemento esistente». 

L’opera di smantellamento delle strutture non conformi è ferma dal marzo 2015, «in attesa di trovare un accordo con la Regione e della presentazione del Piano di utilizzo del demanio marittimo», spiega Messina. Questioni da risolvere anche in famiglia. L’ufficio catanese rappresenta infatti l’amministrazione regionale. «Sono pronte nuove demolizioni ma, rispetto agli interventi fatti negli ultimi due anni, si tratta di operazioni minori». Nel 1998 i lidi della Playa hanno stipulato un patto per la decementificazione, «21 hanno provveduto da soli, mentre altri devono ancora adeguarsi». Il demanio può imporre la distruzione delle opere in cemento, ma l’inghippo è trovare i fondi. «Il costo delle demolizioni è a carico del concessionario», che ha l’obbligo di depositare una fideiussione pari al doppio del costo del canone di concessione. Se la somma non copre le spese, la regola è «meglio mediare piuttosto che ritirare il permesso e dovere anticipare con fondi pubblici». Chi non sarà in regola entro il 2016 dovrà rimettere la concessione, che potrà essere prorogata al 2020 «solo in mancanza di ragioni ostative». È su questo argomento che il demanio dialoga con la Regione per ottenere delle deroghe sul Pudm, «in ragione della particolare conformazioni della Playa», legata alla singolare ampiezza dell’arenile, «220 metri prima di arrivare al mare». 

In ogni caso, il grosso del lavoro di decementificazione ancora da fare «non sta nei lidi privati ma in quelli concessi a enti pubblici e religiosi», sostiene Messina. La procedura è in questi casi più complicata, «anche se le associazioni locali che li gestiscono hanno dato la loro piena disponibilità». Il sì deve arrivare dalla sede centrale, insieme al progetto e soprattutto ai soldi. Un esempio è il lido della polizia: «Da tre anni facciamo pressioni affinché la struttura, dichiarata inagibile, sia abbattuta». Ma non lo è ancora stata e il lido resta chiuso. A breve potrebbe arrivare una svolta, «il circolo ricreativo che se ne occupa sta collaborando col demanio – aggiunge il funzionario – per mettere il lido in regola e aprirlo non solo ai poliziotti». Un obiettivo che «va perseguito in tutti gli altri lidi – conclude Messina – perché le spiagge sono di proprietà di tutti i cittadini».

Le regole imposte dalla comunità europea preoccupano intanto i gestori dei lidi. «I privati che a loro spese hanno decementificato si sentono traditi e abbandonati dall’Europa – dice il presidente provinciale del sindacato dei balneari Ignazio Ragusa – Invece di cambiare le regole sui tratti di costa curati dai privati, la priorità dovrebbe essere riqualificare quelli abbandonati». La scadenza del 2020 e l’incertezza sull’assegnazione delle concessioni «ha bloccato gli investimenti e di conseguenza l’indotto». Un bando di gara aperto a tutti, così come previsto, «richiamerà senza dubbio la criminalità intenzionata a riciclare il denaro sporco». La soluzione, secondo il presidente dei balneari «è valutare la qualità del progetto e l’esperienza di chi lo presenta oltre alla disponibilità economica». Così da evitare il rischio che «un’intera categoria sia cancellata». 


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