Giurisprudenza, pronto auditorium della Purità  Cinque milioni per 1400 posti, realizzati solo 98

Sono passati quattro anni dalle ultime notizie sulla sua sorte. Oggi – almeno in via ufficiosa – dovrebbe essere tagliato il nastro dell’auditorium della Purità, in quello che era l’ex oratorio del complesso monastico tra l’omonima strada e via Santa Maddalena. Una struttura al centro di numerose polemiche tra la fine degli anni ’90 e gli inizi degli anni 2000 e che ha visto protagonisti l’università, la soprintendenza, il Comune e il comitato Antico Corso. Nel mezzo, un finanziamento da cinque milioni di euro del programma europeo Urban e il ritrovamento di una serie di reperti archeologici che ha portato al blocco dei lavori. Inizialmente il progetto prevedeva, oltre alla rifunzionalizzazione dell’ex oratorio, anche la creazione di due grandi aule da 600 posti ciascuna da destinare alla facoltà di Giurisprudenza. Un piano ambizioso, l’ultimo curato dall’architetto Giancarlo De Carlo che da poco aveva portato a termine il restauro dell’ex monastero dei Benedettini. Oggi dell’opera da lui ideata rimangono solo i pilastri che si innalzano alle spalle di un’altra area al centro del dibattito cittadino che fa parte del complesso, quella dell’ex centro popolare Experia

Il progetto di fattibilità risale al 1998, quando Unict richiede di accedere ai fondi comunitari Urban destinati ai quartieri degradati. Nel piano rientrano le due aule di nuova costruzione e la ristrutturazione dell’ex chiesa per un totale di 1400 posti; un’opera nella quale inserire anche uffici e un centro informatico. I lavori vengono bloccati nel maggio 2001, un anno dopo l’apertura del cantiere e in un periodo nel quale i residenti – preoccupati per le ricadute sociali ed economiche sulla zona – avviano una serie di proteste. Da quel momento iniziano ricorsi, richieste di sospensione e di risarcimenti. La revoca dei permessi comunali, dopo lo stop imposto dalla soprintendenza, porta l’università nel 2004 a procedere per stralci rispetto al progetto originario, concentrando l’attenzione solo sull’auditorium da 190 posti.

Stoppata la costruzione delle due aule, l’impegno di spesa approvato dal consiglio d’amministrazione universitario, allora guidato dal rettore Ferdinando Latteri, scende a un milione 270mila euro. Tempi di realizzazione: 18 mesi. Da allora altre varianti al progetto hanno riguardato la facciata, il recupero dell’altare e l’affresco della volta. Le ultime notizie ufficiali sulla Purità riguardano l’aggiudicazione del bando per la progettazione e la realizzazione degli arredi, nell’aprile 2011. Superato il termine per la consegna, sono numerosi i danni registrati. Tra furti, mancati allacci alle fognature comunali, con conseguenti risalite di umidità, e danneggiamenti per via del maltempo. Adesso – dopo la riduzione dei posti da 190 a 98, per rientrare in alcuni vincoli dettati dai vigili del fuoco – tutto dovrebbe essere pronto per accogliere i primi eventi che si terranno nell’auditorium, probabilmente le lauree della sessione invernale. Oggi, invece, l’inaugurazione con lo scambio degli auguri di Natale. 

Ma oggi, del progetto avviato più di 15 anni fa, cosa rimane? «A noi resterà la Purità così com’è», risponde Giovanni Di Rosa, docente di Diritto privato e incaricato del rettore Giacomo Pignataro con delega all’Edilizia. «L’ateneo in questo momento non ha interesse concreto ad avere nuovi immobili – aggiunge – Piuttosto ha il problema della manutenzione di quelli esistenti». Intanto la carenza di aule è stata soddisfatta grazie al completamento dell’altra opera di De Carlo, il polo di via Roccaromana. Se il complesso della Purità viene visto nella sua globalità, comprendendo anche l’Experia, si può prevedere un intervento in partnership con l’Ente regionale per il diritto allo studio. L’oratorio e la parte del cantiere bloccato sono di proprietà di Unict, mentre l’ex cinema di via Plebiscito per anni sede del centro occupato appartiene alla Regione. Da tenere in conto rimane però «il vincolo della soprintendenza». Ossia il ritrovamento dei reperti archeologici, fatto che ha imposto lo stop a una parte del progetto. 

Dal punto di vista architettonico e delle esigenze dell’università, dunque, gli scenari sono totalmente cambiati. Elemento che ha avuto anche delle ripercussioni sul piano economico. «Con i fondi originari furono finanziati l’acquisto della struttura, costata 900 milioni di lire, e i primi lavori», racconta Giovanni Di Rosa. «Il resto delle opere è stato realizzato con i nostri fondi». Solo gli ultimi stralci sono costati circa 200mila euro. Dei cinque milioni del finanziamento Urban «la parte non utilizzata non è più disponibile», dichiara Di Rosa. «La nostra unica possibilità è il lavoro coordinato con l’Ersu, perché ci sono fondi strutturali regionali – conclude il docente – ma dovremmo fare un discorso che ancora è agli inizi». 


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