Non sarebbe solo l'Etna a rischiare. Aurelio Angelini, presidente della fondazione patrimonio Unesco Sicilia lancia l'allarme anche per i siti catanesi oggi patrimonio dell'umanità: «Le istituzioni locali non hanno mai rispettano le nostre richieste». Cosa che impedisce l'accesso ai finanziamenti e provoca la possibile esclusione
Unesco, Catania fuori da fondi e a rischio uscita «Sintomo di intollerabile ignoranza istituzionale»
Uscire dalla lista dei beni Unesco sembra più complicato che entrarci. Ma Catania pare stia facendo tutto quello che serve: «Siamo in una situazione limite», spiega Aurelio Angelini. Il direttore della fondazione patrimonio Unesco Sicilia, dopo avere lanciato l’allarme riguardo alle condizioni dell’Etna, estende l’allerta anche ai siti catanesi riconosciuti patrimonio dell’umanità. Perché il centro della città fa parte delle aree tutelate dal 2002, ma non ha mai rispettato le direttive dell’organizzazione delle Nazioni unite. Mancanze che impediscono di accedere ai finanziamenti nazionali ed europei e che potrebbero portare all’avvio della procedura di cancellazione.
La chiesa della Badia, quella dei Benedettini, la Collegiata, il Duomo, il monastero di San Benedetto, la chiesa dei Gesuiti e le tante altre di via Crociferi che spesso i turisti trovano chiuse. Sono alcuni dei beni riportati nel sito ufficiale dell’Unesco come descrizione del patrimonio catanese iscritto nell’elenco delle tutele. «L’ipotesi di esclusione non è immediata né imminente, prevede un lungo iter – spiega Angelini – Non voglio fare allarmismo ma bisogna che le istituzioni si sveglino e provvedano a soddisfare le richieste dell’organizzazione avviando le attività di tutela del patrimonio». Degli adempimenti burocratici prima ancora che di interventi concreti.
Si tratta di aggiornare annualmente i piani di gestione, definire un progetto di valorizzazione dell’intera area ma anzitutto formare un comitato che si occupi di farlo. Assemblea della quale dovrebbero fare parte il Comune, la soprintendenza, l’ex parco archeologico e le altre istituzioni che si occupano della conservazione e dello sviluppo del territorio. E invece «in 14 anni questo comitato non è mai stato nominato e i piani non sono mai stati aggiornati – precisa il direttore della fondazione – Tutto ciò contravviene alle linee guida che l’Unesco impone di seguire per la tutela e la valorizzazione dei beni».
La costituzione di un comitato e l’aggiornamento dei piani di sviluppo sono pure i requisiti per accedere ai finanziamenti. L’Unesco non stanzia fondi, ma attraverso accordi internazionali Europa e Italia prevedono dei bandi riservati ai siti protetti. «Annualmente è possibile presentare dei progetti da finanziare – dice Aurelio Angelini – Senza requisiti Catania non ha mai potuto avanzare richiesta». Aiuti che potrebbero servire per rendere accessibili siti spesso chiusi: «La conservazione, per le direttive Unesco, avviene attraverso la valorizzazione e la fruibilità al pubblico. Altrimenti il sito viene definito in abbandono», e il rischio di perdere la tutela aumenta.
La procedura di esclusione era già stata avviata, in Sicilia, a carico delle isole Eolie. Ma poi è rientrata. «Le amministrazioni devono capire che limitarsi alle tutele dei beni disposte dalla legge non soddisfa i parametri Unesco, che impongono un miglioramento delle condizioni di partenza». La sferzata di Angelini alle istituzioni locali si fa ancora più forte: «La loro assenza è, nel migliore dei casi, sintomo di ignoranza intollerabile per chi è chiamato a svolgere questa funzione. Se invece fanno finta di non esserci – conclude – il loro comportamento è doloso e nega risorse e crescita del territorio».