Davanti ai suoi conterranei, l'artista ha portato una versione catanesizzata del suo spettacolo. Per coinvolgere la platea nomina il patron del Catania: «Non battè le mani durante un mio show, visto che gli è successo?». E su Facebook mette selfie scattati in giro per la città. Guarda le foto
Fiorello, quattro giorni di risate catanesi Tra Pulvirenti, Brigantony e «Au mbare»
Apre lo spettacolo vestito da prete. E per coinvolgere il pubblico a recitare, cantare, rispondere alle sue gag ha un metodo infallibile: «Tre anni fa, in terza fila, c’era seduto un tale Antonino Pulvirenti – dice alla platea del Metropolitan – Lui, durante tutto lo spettacolo, non ha partecipato per niente. Avete visto come gli è finita? Ora sapete quello che potrebbe succedervi». La voce è quella di Rosario Fiorello, che per quattro sere ha fatto registrare il pienone col suo spettacolo L’ora del Rosario, da lunedì e fino a ieri rimasto nella città del Liotro.
Il riferimerimento alle vicissitudini sportive ed economiche attraversate dall’ex presidente del Calcio Catania e della fallita compagnia aerea Wind Jet è solo uno degli spunti catanesi che il 55enne showman ha portato sul palcoscenico davanti ai suoi conterranei. Nel corso delle quasi tre ore di spettacolo Fiorello ha scherzato anche sulla viabilità, che a Catania fa ridere solo vista da fuori e non certo vissuta in prima persona: «Mettiamo che per andare in auto da un punto A a un punto B ci si impiegano dieci minuti? Per tornare dal punto B al punto A possono servire anche delle ore», ironizza tra gli applausi e i sorrisi della platea.
L’atmosfera catanese data allo show è colorata anche da prestiti eccellenti. Come quando trascina il pubblico – ripetendo il monito iniziale: «ricordatevi Pulvirenti!» – nel karaoke tutto dialettale che parte sulle note e parole di Mi stuppai na Fanta, la rivisitazione firmata Brigantony della canzone della band Europe, intitolata The final countdown. E le risate in catanese continuano quando Fiorello, che vive a Roma, apre il discorso sulle parole che più gli sono mancante del suo dialetto. «La prima che ho sentito è stata ‘mbare. Chi l’ha detto? Nessuno. È una parola che gira da sola per la città». E che nel suo monologo spiega essere accompagnata, in modo inscindibile, da altri due modi di dire: «Au e c’amaffari».
Il ritorno a Catania del one-man-show di Fiorello era atteso da tempo. Ed è stato seguito non solo a teatro, ma pure sui social. Il suo profilo Facebook è seguito da quasi due milioni di persone, e sono state circa duemila le condivisioni sull’album di fotografie scattate in giro per Catania. Oltre 600 i commenti e più di 20mila reazioni. Alcuni scatti sono dei selfie che lo ritraggono con lo sfondo della fontana del Liotro, della cattadrale di Sant’Agata, della pescheria, della fontana dell’Amenano, di un murale che raffigura Charlie Chaplin. Il commento che Fiorello lascia per presentare la carrellata di immagini è semplice: «U ciauro ‘ra casa…». L’odore di casa. Forse il miglior sottotitolo della sua quattro giorni catanese.