La cultura non è consolatoria

«Se quasi mai […] la cultura ha potuto influire sui fatti degli uomini dipende solo dal modo in cui la cultura si è manifestata. Essa ha predicato, ha insegnato, ha elaborato principi e valori, ha scoperto continenti, e costruito macchine, ma non si è identificata con la società, non ha governato con la società, non ha condotto eserciti per la società. Da che cosa la cultura trae motivo per elaborare i suoi principii e i suoi valori? Dallo spettacolo di ciò che l’uomo soffre nella società. L’uomo ha sofferto nella società, l’uomo soffre. E che cosa fa la cultura per l’uomo che soffre? Cerca di consolarlo.» Queste sono le parole di Elio Vittorini in un suo articolo apparso sul primo numero del «Politecnico», un settimanale da lui ideato nel 1945, nel quale pone l’accento su una nuova cultura, che non sia più solamente consolatrice ma che muova dalla realtà e cooperi al suo rinnovamento. Queste parole sono ancora attuali, perché sono gli uomini di cultura, scrittori, artisti che possono e devono offrire una visione critica della società in cui viviamo, offrire spunti di riflessione soprattutto ai giovani. Anzi la musica più di ogni altra arte può assolvere a questo dovere “civile” perché i giovani sono ricettivi nei confronti dei modelli e dei messaggi che lancia la musica. In questa direzione si sono mossi i Baustelle – Francesco Bianconi: voce, chitarre; Rachele Bastrenghi: voce, synth; Claudio Brasini: chitarre – con il loro viaggio-documentario in Sicilia pensato per promuovere il singolo Baudelaire. Una scelta insolita, nel panorama musicale, quella di promuovere un singolo con un documentario centrato sul senso della vita e della morte, che secondo Francesco Bianconi, voce dei Baustelle, è «un buon atto di disobbedienza» poiché viviamo “in un mondo, in un contesto abbastanza anestetizzato dove non esiste più giornalismo d’inchiesta”. Ma perché hanno scelto di girarlo proprio in Sicilia? “La Sicilia, se vuoi, nello stereotipo è associata all’immaginario che concerne la morte, – ha dichiarato ancora Francesco – quando si dice Sicilia si pensa alla mafia, quando si dice Sicilia si pensa a un vulcano e quindi a una cosa che sta per esplodere”. Un operazione culturale unica nel suo genere, un’avventura provocatoria, che ha visto i Baustelle dall’8 all’11 giugno a Catania impegnati nel ruolo inedito di attori non protagonisti per parlare con i siciliani di temi esistenziali, ma anche della propria realtà quotidiana. E le risposte si susseguono nel documentario col loro carico di amarezza, malinconia, profonda consapevolezza, come quella “di vivere in una zona di frontiera, perché comunque, questo sì, non è luogo comune, questa è l’unica certezza che mi sento di affermare”.

O le risposte profondamente tristi dei due bambini in una scuola di Librino, un quartiere “degradato” alla periferia di Catania, che hanno affermato di essere entrambi senza amici. Un viaggio in Sicilia per raccontare, per documentare “perché viviamo in un momento storico particolare dove c’è bisogno che gli artisti, le persone di cultura parlino di quello che vedono, perché c’è bisogno di azione, le cose non cambiano da sole” ha affermato Claudio Brasini. E un altro viaggio all’insegna dell’indagine, dell’analisi culturale, Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra come recita il sottotitolo di Gomorra, è stato intrapreso da un giovane scrittore napoletano, Roberto Saviano, che nel suo libro ha “denunciato il mostro” come non aveva avuto il coraggio di fare nessun altro. Dal libro vincitore di numerosi premi, tradotto e letto in tutto il mondo è stato tratto un film premiato a Cannes, che rappresenterà l’Italia alla prossima edizione degli Academy Awards, e una pièce teatrale che ha ottenuto un successo di pubblico, segno che il libro ha colpito nel segno nonostante il tema scottante e le gravi conseguenze per l’autore, minacciato di morte dalla camorra. «Conoscere non è più una traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene una necessità. L’unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare», scrive Saviano. Conoscere, dunque capire per poi raccontare e smuovere le coscienze.


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