Pachamama, asilo dove si impara tra orti didattici «È una piccola oasi di stimoli, lontano dagli iPad»

«La mamma che ha sempre l’Amuchina in borsa non verrà mai qui». La filosofia di Pachamama nelle parole di una mamma. Una delle tante che porta i figli nella ludoteca dove i bambini imparano a giocare con le mani nella terra, nei colori e in mezzo alla natura. Un luogo che dal concetto di Madre Terra trae ispirazione, a cominciare dal nome preso in prestito dal racconto La profezia della curandera di Hernan Huarache Mamani, un’opera ambientata in Perù dove ancora oggi è forte il rapporto con ciò che è naturale. L’idea dell’asilo nido è di Maria Elena Carlisi, originaria di Agrigento, il cui sogno nel cassetto è sempre stato quello di lavorare con i bambini. Un desiderio oggi divenuto realtà grazie anche al supporto del marito Ninni e di Ada Valastro, la socia con la quale ha aperto anche il baby parking.

Un’esperienza che si unisce a quelle già avute in passato quando – dopo aver studiato Filosofia a Bologna e aver trascorso un anno in Germania – Maria Elena ha lavorato cinque anni a Palermo per l’associazione Libera contro le mafie, occupandosi di Formazione in quartieri disagiati. «Proprio a Palermo ho iniziato anche a collaborare con una scuola dell’infanzia – racconta – e si è così riacceso il desiderio di lavorare in quel settore». Lo stesso sentimento che si era affievolito e poi ravvivato anche in Ada, che l’ha aiutata nella ricerca del posto giusto. La scelta è poi ricaduta su un parco di 400 metri quadrati con pini e orti didattici che si trova tra Catania, Tremestieri Etneo e San Giovanni La Punta. Una posizione che Maria Elena definisce «strategica perché molte famiglie vivono fuori città ma lavorano nel capoluogo». 

L’asilo è frequentato da 18 bambini di circa due anni, impegnati in attività che durano tutto l’anno, anche in estate. «L’estate scorsa ci siamo scatenati con l’arte contemporanea, il karate, lo yoga, l’inglese e i laboratori di cinestetica», ricorda Maria Elena. Per lei i tre mesi di caldo sono stati «un campo di prova dal quale sono venuti fuori risultati meravigliosi». E che hanno fatto maturare nelle due maestre l’idea di prolungare la permanenza dei bimbi fino alla scuola dell’infanzia, che con ogni probabilità verrà avviata a settembre. «Ci definiscono alternativi», scherza la titolare, per la quale vedere un bambino con l’iPad vuol dire «mortificarne la curiosità». Quello che Pachamama invece rappresenta è «una piccola oasi di stimoli». «Racconto delle storie ai bimbi, faccio vedere loro alcune opere d’arte e poi sono loro stessi a vestire i panni dell’artista». Tutto questo nell’atelier, la stanza dove ogni cosa è concessa, persino gettare il colore sul muro. 

«Quando i più piccoli vengono lasciati totalmente liberi, vengono fuori tutte le loro paure – spiega la giovane insegnante -. “Mamma si arrabbia”, “Ho paura di sporcarmi” sono le cose che dicono più spesso». «Inoltre – continua Maria Elena – mi sono resa conto che non hanno un minuto per sedersi e raccontarsi, vivono il fac-simile della vita di un adulto e questo non dovremmo permetterlo». Quando escono dall’asilo nido invece abbracciano gli alberi, si stendono a terra per sentire la natura, la proteggono. «Se dai un’anima alle cose, vuol dire che le rispetti. Se per loro la terra è Pachamama non vi butteranno una cartaccia», conclude Maria Elena. 


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