Twilight, insipido crepuscolo

Non è caso raro che la trasposizione cinematografica di un libro non riesca bene quanto la sua versione cartacea e Twilight, il film tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice statunitense Stephenie Meyer, non sfugge alla consuetudine. Partendo dalla trama, in molti hanno trovato qua e là discrepanze (anche se minime) con la storia, scene saltate e altre aggiunte. Ma non è questo il male peggiore; si sa che – benché il libro sia molto ben scritto e curato in ogni sua parte – una sceneggiatura è cosa diversa.

Il film prende il via con la partenza di Bella (Isabella) Swan, diciassettenne introversa, dall’afosa Phoenix alla grigia Forks dopo il matrimonio della madre. La ragazza decide di andare a vivere con il solitario padre Charlie, lo sceriffo di una città di poco più di tremila anime. Bella incontra così i fratelli Cullen, cinque ragazzi tanto affascinanti quanto scostanti. La ragione del loro isolamento volontario è semplice: sono vampiri. Ma non “succhiasangue” qualunque, bensì “vegetariani” che si nutrono solo di plasma animale. Il problema nasce quando Edward (pseudo-coetaneo della ragazza) si accorge che il sangue della compagna di banco è per lui l’equivalente della sua «qualità preferita di eroina». Dopo il titanico sforzo per non compiere una strage e tenere al sicuro vite e identità, cupido ci mette lo zampino e i due si trovano ben presto a doversi confrontare con i rispettivi sentimenti e limiti.
Ovviamente, come ogni storia d’amore che si rispetti, presto arriva il pericolo e l’intera famiglia Cullen dovrà impedire che la povera Bella finisca la sua vita in maniera alquanto violenta.

Il problema principale della pellicola sta nell’interpretazione dei due attori protagonisti, Robert Pattinson e Kristen Stewart, che non riescono a esprimersi al meglio funzionando a fasi alterne nonostante l’entusiastica regia di Catherine Hardwicke.
Uno dei momenti più intensi della storia è l’impatto del vampiro con il profumo irresistibile del sangue della ragazza che nel film viene ridotto a una sorta di conato di vomito mal nascosto e a qualche inquadratura del loro confuso scambio di occhiate. L’espressione della Stewart è quasi sempre la stessa, a dispetto della precisa caratterizzazione che contraddistingue il suo personaggio per non parlare della mancanza di senso dell’equilibrio (leit motiv dell’intera saga che qui viene semplicemente abbozzato).
Altro momento che ha lasciato senza fiato i lettori di Twilight è la cosiddetta “scena della radura”, ossia quanto Edward finalmente mostra a Bella quale sia l’effetto che ha sui vampiri la luce solare (vi garantiamo che non ci saranno mucchietti di cenere fumante). Tutta la rivelazione della reale natura del vampiro e la conferma dei sentimenti dei due protagonisti viene confusa, messa in un calderone di circa mezz’ora nel quale non si riesce a capire quasi nulla perché il tutto viene trattato in maniera poco approfondita; a nulla valgono i lunghi primi piani dei due se dietro non c’è un’interpretazione che tenga.

Gli altri personaggi arrancano come possono dietro ai due: Peter Facinelli che interpreta il capofamiglia Carlisle a primo impatto non assomiglia a un divo del cinema ma ad un travestito. Esme (moglie di Carlisle), sebbene non sembri la svampita dei film muti e nemmeno Biancaneve, riesce a condensare ottimamente nelle poche battute a lei riservate il senso materno trasmesso dal suo personaggio, ma la bionda Rosalie non ha abbastanza spazio per mostrare l’odio nei confronti di Bella. Impagabile l’espressione catatonica e quasi monotematica del “neo-vegetariano” Jasper. Una piccola sorpresa è invece l’interpretazione di Billy Burke nel ruolo dello sceriffo Charlie.

Molto indovinata la scelta della colonna sonora, su cui spiccano “Supermassive black hole” dei Muse, “Decode” dei Paramore e “Never think” dello stesso Pattinson.

Dopo le lunghe attese dei fan, il tam tam online, lo snervante countdown che ha caratterizzato l’uscita di Twilight, le aspettative sono state senza dubbio maggiori rispetto a quanto realmente valga questo film adolescenziale. E poco importa se nelle sale fosse presente un nutrito numero di over 20 che – assieme a qualche spettatore non troppo annebbiato dall’euforia della moda di questi mesi – sono rimasti delusi (oppure divertiti) da un film che lascia ben poche emozioni: intere legioni di “twilighters” sono pronte a difendere i loro nuovi Romeo e Giulietta cinematografici.


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