Bilancio, il caso Giarre e la somiglianza con Catania La decisione sul Comune etneo ora passa da Roma

La Corte dei conti il suo parere su come bisogna rimodulare un piano di riequilibrio lo ha già dato. E mesi fa. Era stato l’allora sindaco di Giarre Roberto Bonaccorsi a chiederlo, quando si è trovato a dovere decidere sui debiti del Comune che amministrava. Era il 13 gennaio 2016 e a firmare una delibera che avrebbe dovuto mettere ordine sulla faccenda erano il presidente della sezione di controllo siciliana della magistratura contabile e il suo braccio destro: Maurizio Graffeo e Giovanni Di Pietro. Gli stessi giudici che adesso hanno in mano il futuro di Palazzo degli elefanti. Una decisione importante, per prendere la quale sembrerebbe che sia stato chiesto pure un confronto con i colleghi che siedono a Roma. Il tutto in attesa della prossima conferenza Stato-Regioni, la cui opinione è stata invocata a gran voce dall’assessore Giuseppe Girlando nel corso della sua audizione in via Notarbartolo, a Palermo, davanti proprio a Graffeo e Di Pietro. Anche per la conferenza l’appuntamento è nella Capitale: giovedì 9 giugno, alle 14.30, in via della Stamperia.

Alla base del conflitto tra i magistrati di Palermo e il Comune di Catania ci sono, oltre alle numerose inadempienze e lentezze del municipio etneo, anche due diverse interpretazioni della legge di stabilità del 2015. E di quell’articolo che permette di riscrivere il piano di rientro, spalmando in trent’anni i debiti che, fino a pochi mesi fa, avrebbero dovuto essere pagati in dieci. Una boccata d’ossigeno per parecchie giunte comunali d’Italia. E anche per Catania che, di fronte alla possibilità di un prolungamento dei tempi a sua disposizione, ha tirato un sospiro di sollievo. Ma la legge di stabilità, evidentemente, lascia spazio a qualche interpretazione. Così a gennaio Roberto Bonaccorsi, che ancora non si era dimesso dal ruolo di primo cittadino di Giarre, invia una richiesta di chiarimenti proprio agli uffici della Corte dei conti di Palermo. Bonaccorsi, del resto, sa quanto questi argomenti possano essere spinosi: è stato assessore al Bilancio della giunta guidata da Raffaele Stancanelli, quella che ha scritto e approvato il piano di rientro di cui adesso si discute.

Bonaccorsi, in tempi non sospetti, chiede alla Corte dei conti se la ridistribuzione in trent’anni valga per l’intero piano di rientro o solo per alcuni passaggi. Alla sua domanda, Graffeo e Di Pietro rispondono in maniera nettissima: la nuova legge parla unicamente di ciò che riguarda il disavanzo tra residui attivi e passivi. In termini più semplici: la differenza tra crediti e debiti. Quella può essere coperta in un trentennio, tutto il resto deve essere appianato comunque in dieci anni. A questo, poi, i giudici aggiungono un ulteriore passaggio. Spiegano, cioè, che un caso in cui il piano di riequilibrio può essere riscritto per intero c’è: è quello in cui – tra l’approvazione del documento contabile da parte del consiglio comunale e quella della Corte dei conti – l’amministrazione cambi. Come è successo a Catania: a votare il piano è stata l’amministrazione Stancanelli. A portarlo avanti, però, è adesso la giunta di Enzo Bianco.

Il contenuto del documento richiesto dal Comune di Giarre è, in parte, quello che è stato detto nel corso dell’adunanza palermitana del 31 maggio. Quando l’assessore al Bilancio Giuseppe Girlando e la direttrice generale Antonella Liotta si sono presentati per spiegare le loro posizioni, dopo essere stati convocati tramite tre distinte ordinanze. La nuova decisione della Corte dei conti, sulla base delle carte che gli stessi magistrati hanno già scritto per il centro giarrese, potrebbe apparire semplice. Ma aprirebbe uno spazio a tante speculazioni. Motivo per il quale i giudici di Palermo potrebbero aver deciso, secondo alcuni bene informati, di chiedere aiuto alle alte sfere giudiziarie romane. L’esito della richiesta non sarebbe ancora arrivato, ma quasi certamente farà prima la conferenza Stato-Regioni a dire la sua. A fare la differenza, però, sarebbe l’impostazione della decisione: amministrativa quella dei giudici contabili, politica quella del tavolo tecnico col governo.


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