Wind Jet, ultimo giorno di cassa integrazione «Per quattro anni le nostre vite in stand-by»

«Per quattro anni le nostre vite sono rimaste in stand-by. Chissà se adesso, con la mobilità, qualcosa cambierà. Magari qualcun altro ci assume per via degli sgravi fiscali». A parlare è una ex assistente di volo della compagnia aerea Wind Jet. Tre giorni fa ha ricevuto via posta la lettera con la quale le veniva comunicato che da oggi non è più una dipendente della low-cost etnea di proprietà di Antonino Pulvirenti. Negli ultimi quattro anni, lei come i suoi colleghi che dopo la chiusura dell’azienda non hanno trovato un altro impiego, ha potuto usufruire della cassa integrazione. Ma adesso che questi ammortizzatori sociali sono finiti tocca ai prossimi: l’avvio della procedura di mobilità. «Un modo per continuare a guadagnare qualcosa – dice la lavoratrice – nella speranza che le cose finalmente cambino».

Lei è una delle dipendenti più anziane ed esperte. E dopo l’ultimo decollo, l’11 agosto 2012, nella sua vita sono cambiate tante cose: è rimasta incinta del primo figlio, per esempio, che adesso ha poco più di tre anni. «All’inizio ero stordita, non sapevo come io e mio marito saremmo riusciti ad andare avanti – racconta – Alla fine però ce l’abbiamo fatta». Il suo compagno, per fortuna, non lavorava nell’azienda che, secondo lo slogan dei lavoratori, «ha messo le ali alla Sicilia». «Se fosse stato un mio collega saremmo stati persi – continua la donna – Molti ragazzi, più giovani di me, si sono trovati in quella terribile condizione». Le loro storie sono state raccontate dalla giornalista Agata Pasqualino in Via con Wind Jet, il libro inchiesta edito dalla Villaggio maori e presentato ieri per la prima volta alla Librineria del campo San Teodoro liberato.

Ieri sarebbe stato il tredicesimo anniversario dalla nascita dell’impresa. Ma è da ormai quattro anni che non ci sono candeline da spegnere. E Nino Pulvirenti, patron della low cost, per il crack di Wind Jet è sotto inchiesta con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Le indagini sono ancora in corso, e non è certo che la vicenda finisca a un processo che vedrebbe alla sbarra lo stesso Pulvirenti e Stefano Rantuccio, ex amministratore delegato della compagnia. «La giustizia andrà dove deve andare – dice la lavoratrice – Ma noi nel frattempo siamo stati dimenticati. Io se non avessi avuto l’età che ho (46 anni, ndr) e un bambino piccolo avrei fatto come le mie colleghe più giovani: me ne sarei andata da Catania e forse anche dall’Italia». Invece è rimasta. E ha dovuto fare i conti con la cassa integrazione erogata spesso in ritardo e con il blocco del pagamento dell’indennità di volo tra dicembre 2015 e marzo 2016. «È innegabile che in tutto questo le vicende giudiziarie di Antonino Pulvirenti hanno avuto il loro peso», dichiara.

«In questi anni ho fatto tanti colloqui e spesso le cifre di cui si parlava erano inferiori a quelle della cassa integrazione». Che, pur con tutti i suoi limiti, almeno è un’entrata certa. «Ora che è finita – dice – dobbiamo fare domanda per la mobilità». Ma affinché la posizione sua e degli altri colleghi venga regolarizzata potrebbe essere necessario che passino ancora diversi mesi. «Il prossimo 23 giugno – annuncia la donna – la Cisl organizza un incontro con tutti noi. Probabilmente dovranno spiegarci cosa dobbiamo fare per ottenere la mobilità». Un passaggio sicuro è quello dell’ufficio per l’impiego, al quale bisognerà presentare la domanda. Le questioni da risolvere, comunque, sono anche altre. «Avanziamo ancora il trattamento di fine rapporto (tfr) e gli stipendi per i mesi di luglio e agosto del 2012, che non sono mai arrivati», afferma. E poi ci sono le ferie non godute e gli straordinari. Tutte somme per recuperare le quali è necessario l’intervento di un avvocato. «Un altro costo vivo – conclude – Mentre noi abbiamo la sensazione di vivere in pausa».


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