Cimitero, i liquidi umani colano ancora dalle bare «Il Comune ci ignora, per loro siamo come fogne»

Un frigorifero segna una temperatura di tre gradi, l’altro di 0,8. Eppure non è abbastanza per evitare che dalle bare dell’obitorio del cimitero di Catania continuino a gocciolare sangue e liquidi umani. Stavolta un po’ di segatura non basta a coprire le macchie, che si estendono per buona parte del pavimento della più interna delle stanze dove vengono depositate le casse mortuarie. Quando arriva un carro delle onoranze funebri che trasporta una bara bianca, le porte della seconda sala vengono chiuse. Due donne sistemano i fiori e, nel frattempo, arriva un altro piccolo corteo con un’altra bara. Entrambe vengono sistemate all’ingresso, più in là non vuole metterci piede nessuno. Neanche i dipendenti del Comune di Catania, quelli della Multiservizi e quelli delle imprese private che lavorano al campo santo e che al deposito sono di casa. «L’altra volta sono arrivati a sistemare le cose il giorno dopo che le foto sono uscite sul giornale – dicono riferendosi al caso di metà luglio delle celle frigorifere guaste – Ma non è bastato. Il nostro lavoro continua a essere senza dignità».

Sulla parete destra c’è una porta che dà accesso a uno stanzino quasi sempre chiuso. Stavolta la porta è aperta: c’è un tavolo di acciaio, alcuni loculi di metallo e poi una bara posata su due cavalletti. Oltre al rumore degli insetti che invadono la stanza, si sente solo quello delle gocce che colano dalla cassa di legno alla pozza putrida che si è formata sulle mattonelle. «Non trasissi chiui, ca’ c’è di moriri prima ro tempu», dice un lavoratore del cimitero. «Non entri più, rischia di morire prima del tempo», è la traduzione dal dialetto. «Quella è là sopra da maggio – spiegano – In quella stanza ci sono i corpi che non possono essere toccati. Perché magari ci sono cose coi giudici o i magistrati. Quel signore ce lo hanno fatto disseppellire perché serviva la prova del dna. Ma poi non ci hanno più detto di rimetterlo dentro». L’odore, se possibile, nelle ultime tre settimane è perfino peggiorato. E se prima a gocciolare erano solo i frigoriferi aperti, adesso sono anche quelli chiusi. Ventiquattro in tutto. «La segatura che si usa per riempire le bare è di quella scarsa – raccontano – Una volta che s’impregna non tiene più».

«Non c’è manco il bagno», continua un dipendente. La porta è sbarrata da anni dietro alla scritta «Guasto». Non si può entrare perché c’è un catenaccio e il water, raccontano, è stato portato via. A coprire lo scarico ci sarebbe solo una mattonella. «Due anni fa ci hanno detto che è inagibile e non l’hanno mai sistemato – spiegano – Non c’è il collegamento alla fogna e manco al pozzo nero». «I dirigenti qua non ci vengono – continuano i lavoratori – Ci trattano come se fossimo noi la fogna. Ma alle persone, anche anziane, che vengono a seppellire i loro morti glielo dobbiamo dire noi che non c’è manco il bagno. E pensano che non li facciamo entrare per dispetto». La presenza dell’amministrazione, intanto, sembra limitarsi agli avvisi in bacheca. In uno, datato 2014, c’è il numero del prete al quale rivolgersi per le funzioni. In un altro c’è scritto che il Comune di Catania non ha ditte «di fiducia» per i lavori di muratura sulle tombe o sulle cappelle. 

«Qua tutti dobbiamo lavorare, il cimitero dà da mangiare a un sacco di persone. Ci sono un sacco di soldi attorno ai morti», commenta un lavoratore. Per tenere le salme dentro ai loculi refrigerati, «quelli che pagano ci mettono 1,55 euro al giorno. Certo, non tutti possono pagare – continua – Ma su’ soddi. E il Comune non ci mette manco i bagni. Qua se le cose funzionano è solo perché ci aiutiamo tra di noi». «Non sapevo di nuovi disservizi – interviene l’assessore ai Servizi cimiteriali Rosario D’Agata – Se i frigoriferi funzionano non capisco perché le bare gocciolino». Tra una riunione e l’altra, D’Agata promette verifiche. Anche sulla stanza dove si troverebbero le salme coinvolte in indagini della magistratura. «Credo che il Comune possa intervenire sulla pulizia, immagino che non debbano essere toccati solo i corpi», dice. L’assenza di un bagno, invece, è una questione nota: «Devono andare a 150 metri di distanza, non ritengo che sia un problema – conclude l’assessore – In ogni caso c’è un progetto per sistemare l’intero obitorio. È pronto da alcuni mesi, stiamo aspettando il via libera della Ragioneria».


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