Festa Unità, Bianco incontra ministro Franceschini Bianco: «Cultura motore della ricrescita siciliana»

«Che di turismo la Sicilia potrebbe campare non è vero – afferma Enzo Bianco – però si può fare molto». Con queste parole si è aperto un confronto con il ministro Dario Franceschini, ospitato in questi giorni alla festa nazionale dell’Unità, in cui si è parlato di cultura e turismo come motori di crescita economica. «In questi giorni sono sbarcati in Sicilia otto mila visitatori da due navi da crociera. Ovviamente si tratta di un’eccezione, non sono numeri costanti, ma danno l’idea di come la città stia cambiando – commenta Bianco. Catania ha sempre avuto la sua dimensione nell’industria e nel commercio, oggi punta molto sul turismo e dobbiamo cogliere questa opportunità». Secondo il sindaco etneo i segni di questa nuova prospettiva sono concreti. Ne sarebbero un esempio il castello Ursino – che dai 27mila visitatori annui del 2012 avrebbe registrato 120mila presenze nel 2016 – aperto sette giorni su sette e con mostre anche la notte. E poi l’anfiteatro greco romano di via Vittorio Emanuele, appena restaurato, che la città si prepara a inaugurare con la Norma di Vincenzo Bellini

Altra iniziativa rivendicata con orgoglio dall’amministrazione è quella di contrasto alla «malattia del campanilismo» che si riscontra nella regione, secondo Bianco. In Sicilia ci sono undici siti dichiarati patrimonio Unesco, «abbiamo pensato ad una legge per formare una rete di Comuni che consenta di valorizzarli e tutelarli, si tratta del progetto Cunes». Sempre nello spirito di una ritrovata collaborazione con gli enti del territorio, forse già dalla prossima primavera sarà possibile vedere un Kourus marmoreo del museo archeologico Paolo Orsi di Siracusa, finora esposto senza la sua testa, ricongiunto al pezzo mancante di proprietà del museo archeologico di Catania. 

Altra proposta che a Catania potrebbe trovare cittadinanza è quella, già annunciata nei primi mesi del 2016 da Bianco, di ospitare una succursale del museo egizio di Torino all’ombra dell’Etna. Sul modello francese del Louvre, che ha una sua filiale a Lens, il sindaco ha proposto di offrire lo spazio espositivo del convento di via Crociferi, già in fase di restauro. «A Torino migliaia di meravigliosi reperti giacciono nei magazzini. Potrebbero essere valorizzati ed essere offerti finalmente ai visitatori. Catania è pronta e le trattative sono in corso» conclude il sindaco tra il consenso della platea.

A Dario Franceschini, poi, il compito di parlare di numeri e della nuova visione del turismo che dovrebbe avere l’Italia. Il ministro spiega che il bilancio del ministero nel 2011- sono i tempi del «con la cultura non si mangia» dell’allora ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti – si era dimezzato e che solo nel 2013 c’è stata un’inversione di tendenza, fino al 2016, quando le risorse sono triplicate. «C’è un ritardo da recuperare, ma nei musei italiani ci sono oggi cinque milioni di visitatori in più e non solo per effetto della crisi dell’area mediorientale, ma perché si è investito in cultura» – spiega. Nei prossimi cinque anni si stima che saranno quattrocento milioni i turisti cinesi in visita in Europa e nella stragrande maggioranza dei casi queste persone mettono al primo posto l’Italia. 

«Non possiamo mandarli tutti a Venezia sul ponte di Rialto o a Roma – afferma Franceschini – Dobbiamo valorizzarei più bei borghi e paesaggi dell’intera Penisola, offrire un turismo sostenibile, riscoprire i cammini della Via Francigena, recuperare i vecchi fari e le linee ferroviarie dove non passano più treni». E questo sarebbe possibile, a detta del ministro, solo adottando una politica unitaria di promozione culturale del nostro Paese e offrendo le infrastrutture e i servizi necessari per accogliere i turisti. Il primo cittadino catanese, infine, auspica che cultura e turismo possano tornare ad essere materia di competenza esclusiva dello Stato, come previsto dal progetto di riforma costituzionale. «Mi sentirei più tutelato in un rapporto diretto con il Ministero, piuttosto che avere a che fare con la burocrazia regionale. Non vogliamo privilegi, ma le stesse opportunità che hanno le altre regioni. Se saremo i più bravi sapremo dimostrarlo».


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