Prefetta in Antimafia, audizione su mafia in Comune «Tutto vero ma non basta per fare accesso agli atti»

«Nonostante la veridicità delle notizie di stampa, non sussistono le condizioni per effettuare l’accesso agli atti del Comune di Catania». A parlare nella sede della commissione nazionale Antimafia è la prefetta di Catania Maria Guia Federico. Più di un’ora di audizione, cominciata alle 13 e finita pochi istanti fa, per sostenere che quanto contenuto nella relazione sulle presunte ombre di Cosa nostra nel Consiglio comunale di Catania corrisponde al vero. «Siamo andati oltre quella relazione – spiega la prefetta alle agenzie di stampa – decidendo di effettuare con i vertici delle forze dell’ordine un monitoraggio per reperire elementi. Abbiamo prodotto una serie di schede che hanno evidenziato alcuni legami di parentela». Il clima a palazzo San Macuto, sede della commissione, non è stato dei più distesi. Federico è stata incalzata dal senatore del Movimento 5 stelle Mario Giarrusso, dal senatore Giuseppe Lumia e dal vicepresidente Claudio Fava. «Ho provato a spiegare alla prefetta, quando faceva riferimento al fatto che c’è bisogno di indizi gravi, che lei non deve sciogliere nessun Comune ma deve soltanto verificare se ci sono le condizioni per eventuali richieste di scioglimento», spiega a MeridioNews Fava. L’ipotesi che ha preso campo, su input della presidente Rosy Bindi, è quella di procedere a dei controlli amministrativi su una sola circoscrizione, quella di Librino. «In città la situazione generale è preoccupante – spiega Fava – e a mio avviso meriterebbe un occhio più attento e allenato rispetto a quanto fatto».

Tra gli esempi citati dalla rappresentante dello Stato ci sono quello della consigliera Erika Marco che avrebbe «il genitore, il padre, denunciato per associazione di tipo mafioso». O Riccardo Pellegrino, consigliere di opposizione, a carico del quale ci sarebbero «segnalazioni che lo hanno denunciato per voto di scambio». Tra i nomi che sono stati snocciolati dalla prefetta, stando a quanto trapelato sulle agenzie, c’è anche quello di Francesca Raciti, presidente del Consiglio. Il padre di quest’ultima sarebbe stato «indicato da un collaboratore di giustizia come imprenditore di riferimento della mafia». Il documento con un elenco iniziale di nomi era stato realizzato dalla commissione regionale Antimafia guidata da Nello Musumeci. Sotto la lente d’ingrandimento erano finite parentele e voti durante l’ultima tornata elettorale a Catania. Quella che ha sancito l’elezione a sindaco di Enzo Bianco dopo il mandato di Raffaele Stancanelli.

In serata, una nota inviata dalla presidente del consiglio Francesca Raciti, si è soffermata sulle dichiarazioni della prefetta: «Oggi, al netto dello stupore che provo nel leggere il mio nome associato ad elementi dei quali non avevo avuto fino a questo momento nessun riscontro – scrive – non essendo stata coinvolta nelle segnalazioni anonime nè tantomeno nella relazione della commissione regionale antimafia, non posso far altro che confermare le stesse richieste di chiarezza già manifestate precedentemente a difesa dell’onorabilità delle persone e dell’autorevolezza del consiglio comunale. Continuerò pertanto a svolgere il mio lavoro nella consapevolezza di avere agito sempre in piena libertà, rispondendo alla mia coscienza, nell’esclusivo interessa della città di Catania».

Durante l’audizione Federico ha parlato anche dell’omicidio del consigliere comunale di Palagonia Marco Leonardo. L’uomo, ucciso dentro un bar la scorsa settimana pare per un debito, «È stato lui primo a sparare due colpi per poi essere raggiunto da quello mortale». A ucciderlo è stato il bracciante agricolo Francesco Calcagno che poi si è costituito ai carabinieri del Comune calatino. È rimasto invece ferito il barista, il 52enne Paolo Sangiorgi. La prefetta ha chiesto la secretazione della sua audizione quando ha fatto riferimento alla partecipazione della vittima nella lista civica Palagonia futura: «In questo momento i Comuni che più ci preoccupano – ha chiarito Federico – sono Paternò, Biancavilla e Palagonia. Malgrado un incessante lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura l’organizzazione permane ma segnalo una diminuzione dei reati in provincia di Catania, in modo particolare di quelli predatori».

Ultima tematica discussa a palazzo San Macuto, sede della commissione nazionale, è stata quella del centro per richiedenti asilo di Mineo. Per la prefetta non ci sarebbero condizioni di sovraffollamento. «Ci sono sbarchi incessanti ma la magistratura catanese ha consentito e consente di assicurare alla giustizia gli scafisti». Condizione invece «problematica per i minori non accompagnati perché le strutture sono piene e la collocazione inizia ad essere un problema non indifferente». In estate la commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema d’accoglienza dei migranti si era recata a Mineo definendolo «un luogo non ottimale per accogliere» e prospettando «la chiusura» in tempi rapidi. La vicenda Catania non si è chiusa oggi. Il prossimo a essere chiamato in commissione antimafia sarà con ogni probabilità il nuovo procuratore capo Carmelo Zuccaro.


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