S.P.Clarenza, due casi di scabbia in una scuola Dermatologo: «Fatti comuni, no ad allarmismo»

«Nonostante il termine desti ancora molta preoccupazione nell’opinione pubblica la scabbia è una malattia molto comune, fastidiosa, ma curabile in pochissimo tempo». Ad affermarlo è Maurizio Pettinato, primario di Dermatologia dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, contattato dopo la diffusione della notizia, da parte del quotidiano La Sicilia, di una presunta epidemia nella scuola Elio Vittorini di San Pietro Clarenza. Dove due cugine che frequentano la scuola materna sono state contagiate ma, come conferma la dottoressa Angela Fiscella, dirigente scolastica della struttura, «sono già guarite e tornate a lezione».

La preside, appena venuta a conoscenza dei casi, ha allertato l’azienda sanitaria provinciale e ha attuato alcune misure precauzionali, come eliminazione di alcuni peluches, anche se i sanitari non lo ritenevano necessario. Le lezioni però sono continuate, «al contrario di quello che è stato pubblicato», racconta Fiscella a MeridioNews, «la scuola è sempre rimasta aperta, chi ha scritto quelle cose non si è nemmeno informato». 

Come spiega il dottor Pettinato, infatti, per la diffusione della malattia è necessario un contatto diretto, ravvicinato e molto prolungato, come quello di «due persone che dormono nello stesso letto – aggiunge il medico – che hanno rapporti o che usano le stesse lenzuola». Secondo il professionista l’ambiente scolastico non è il luogo idoneo per la riproduzione del parassita, proprio per l’assenza di tessuti e per il breve tempo di compresenza negli stessi spazi. «Dare la mano o stare seduto vicino non basta per il contagio – aggiunge Pettinato – Le preoccupazioni sono legate soltanto a suggestione. Non ci sono pericoli nelle scuole, ci sono molti casi in tante strutture, come gli ospedali, ma è una malattia normale». La scabbia, come spiegano sia la dirigente che il medico, non è infatti legata alla sporcizia come si pensava un tempo e si può diffondere in molti contesti. 

«C’è anche un tipo particolare, detta norvegese, che si può diffondere in modo anche più diretto, basta entrare nella stessa stanza – conclude lo specialista – ma è comune tra soggetti immunodepressi e non credo che in una scuola, tra bambini, possa essere questo il caso». Nonostante le rassicurazioni però, come prevedibile, il panico si è diffuso soprattutto tra i genitori dei bambini che frequentano la scuola del Comune etneo. «Per questo motivo abbiamo già invitato Alessandro Cuccia, direttore servizio Epidemiologia dell’Asp, che darà alle famiglie tutte le informazioni necessarie». 

La preside si scaglia poi contro chi, in «maniera subdola», ha collegato il caso alla presenza di alunni migranti che, in un altro plesso dello stesso istituto, frequentano le scuole serali. «I locali vengono utilizzati per la gente adulta e c’è qualche straniero, è vero – aggiunge Fiscella – ma insinuare che sono loro responsabili è un atteggiamento assolutamente vile». Le bambine colpite dalla malattia sono infatti parenti, provengono dalla stessa famiglia quindi «potrebbero aver contratto il parassita in moltissime altre situazioni» aggiunge la dirigente. Che tiene a precisare: «La scuola non chiuderà. Il caso non è da prendere sotto gamba, ma per la cura basta una cremina, un approccio topico. Insomma – conclude – molto rumore per nulla».


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