Mafia, la rabbia del presunto boss per i ladri di bici «Faciloni, si vedono i film e sembra loro un gioco»

«Si vede tutti questi film e gli sembra un gioco». Guardie e ladri, come nella pellicola di Mario Monicelli interpretata da Totò e Aldo Fabrizi. In questo caso però l’inseguimento è stato decisamente più breve rispetto a quello girato nelle campagne romane dell’Acqua acetosa. È il 4 aprile 2014 quando due rapinatori, ritenuti vicini alla cosca mafiosa dei Brunetto, fanno irruzione nello storico negozio di biciclette di Giuseppe Trovato a Giarre, in via Nicolò Tommaseo. L’arzillo commerciante di 85 anni, conosciuto in tutta la zona dagli appassionati delle due ruote, è la vittima designata. L’obiettivo non sarebbero i soldi della cassa ma una bici da 240 euro esposta in vetrina. Eppure qualcosa va storto, a causa della scarsa accortezza dei ladri.

La vicenda emerge nelle carte dell’inchiesta Kallipolis, conclusa nei giorni scorsi con dodici ordinanze di custodia cautelare e 23 persone indagate. I protagonisti del furto, secondo quanto ricostruiscono gli inquirenti, sarebbero stati Paolo Patanè e Luciano Liuzzo. Un colpo apparentemente semplice ma che nasconde un doppio imprevisto. Da un lato il commerciante che, dopo averli fatti entrare, li avrebbe chiusi in negozio; dall’altro la presenza di una gazzella dei carabinieri incontrata dalla coppia di ladri alla loro uscita dall’esercizio commerciale. Patanè e Liuzzo provano comunque a scappare a bordo di un motorino, ma alla fine soltanto il primo riesce a svignarsela e viene comunque riconosciuto dalle forze dell’ordine.

Mentre escono chi prendono di fronte? La volante

Il fatto manda su tutte le furie Carmelo Olivieri, considerato il boss in ascesa del clan dopo la morte nel 2013 dello storico padrino Paolo Brunetto. «Mi hanno chiamato mentre ero in chiesa, dove mi devo sposare. Lui (Luciano Liuzzo, ndr) l’ha fatta giocando giocando, è troppo facilone. Vede i carabinieri, gli scappa gli fa… come i bambini». Così Olivieri, intercettato dagli investigatori, racconta ad alcuni dei suoi uomini i dettagli della rapina. Alla vista dei due il commerciante si sarebbe insospettito, decidendo di farli entrare per poi bloccarli dentro al negozio. Forse un modo per guadagnare tempo e chiamare le forze dell’ordine. Ma, una volta dentro all’esercizio commerciale, Trovato sarebbe stato bloccato per i polsi, con uno dei due malviventi che si sarebbe occupato di prendere il mezzo esposto in vetrina. Tutto è pronto per la fuga, ma «mentre escono chi prendono di fronte? La volante». La bicicletta viene ritrovata dentro il garage di un familiare di Liuzzo, mentre Patanè viene denunciato in stato di libertà. Su quest’ultimo, si legge nelle carte dell’inchiesta, «non risulta si sia proceduto». Adesso però dovrà rispondere del reato di rapina in concorso.

Dalle intercettazioni, oltre ai commenti negativi sulla tecnica adottata per portare via la bicicletta, emergono anche i racconti di altre visite dei due uomini al negozio di Trovato. Visite che potrebbero spiegare la diffidenza del titolare alla vista dei due uomini, il giorno della tentata rapina. «Gli ha preso le ruote e non gli ha portato i soldi, minchia e poi ci torni pure?», racconta Sebastiano Furnari a Francesco Pace. Ad aggiungere altri dettagli ci pensa Alfio Fresta: «Quei copertoni, con tutti i cerchi, c’è andato Luciano “Dammi queste cose che poi te li pago“. Fa le cose senza testa». «Prima che lo arrestavano per la prima volta, me li ha portati a me», spiega Pace. «Le ruote?», domanda Furnari. «No, biciclette, biciclette per bambini».


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Nelle carte dell'inchiesta Kallipolis c'è la visita degli uomini, ritenuti vicini al clan Brunetto, allo storico negoziante di Giarre Giuseppe Trovato. Carmelo Olivieri, ritenuto capo della cosca, commenta le leggerezze dei rapinatori: dal commerciante 85enne che li avrebbe chiusi in negozio alla volante incontrata all'uscita

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