Girlando, lo scandalo in tre mesi di intercettazioni Tra piano di rientro, rimproveri e delibere non lette

Da aprile a giugno. Ci sono appena tre mesi di gestione della cosa pubblica nelle intercettazioni che riguardano l’accusa di tentata concussione aggravata nei confronti dell’ex assessore al Bilancio Giuseppe Girlando. Eppure in mezzo, non indagati, ci sono i vertici amministrativi del Comune di Catania e la loro accondiscendenza nei confronti dei rappresentanti politici locali. Ma ci sono anche rimproveri, discussioni e difficoltà: come quella di chi – Roberto Politano, poi rimosso dal suo incarico di dirigente ad interim della Ragioneria – dice di dovere firmare delibere che non ha neanche avuto il tempo di leggere. Un cortocircuito condannato nelle annotazioni delle stesse forze dell’ordine e che viene registrato dai microfoni degli investigatori in un periodo storico in cui gli uffici di Palazzo dei Chierici sono sotto la lente d’ingrandimento di molti

Sul tavolo dell’allora assessore al Bilancio in quei giorni ci sono temi importanti: il regolamento sugli impianti pubblicitari, nota spina nel fianco di Girlando, per dirne uno. Ma c’è anche la crisi nerissima dell’Amt, l’azienda metropolitana dei trasporti i cui lavoratori preparano uno sciopero dopo l’altro in attesa che il Comune saldi parte delle spettanze alla società. Stesso discorso vale per il Teatro Stabile di Catania, che attende il pagamento di circa 100mila euro per potere mandare avanti una stagione artistica già compromessa. Sono, soprattutto, i giorni delle modifiche al piano di rientro. L’opportunità, per il Comune di Catania, di rimodulare la procedura per ripianare il disavanzo in termini più comodi. Prima che gli uffici della magistratura contabile, a Palermo, decidano di prendere provvedimenti contro Palazzo degli elefanti, ripetutamente inadempiente agli obblighi stabiliti. 

Il 17 maggio 2016 Girlando decide per il commissariamento interno degli uffici: devono sbrigarsi a preparare i documenti, le scadenze sono vicine. Il 18 maggio, il ragioniere Politano è negli uffici degli investigatori per essere interrogato. E mentre si trova lì lo chiama Girlando. Alla scrivania di Politano l’assessore ha temporaneamente fatto sedere alcune persone, gli dice il politico oggi imputato. C’è qualcuno che lo sta aiutando con la redazione del piano di riequilibrio. Non ci sono nomi né precisazioni. Ma che all’assessore i dipendenti comunali non bastino è evidente da quando ha tentato di affidare per 30mila euro una consulenza per la stesura del documento contabile. Un fatto che scatena un vespaio, perché a vincere la gara è una società vicina a Fabio Sciuto, presidente del collegio dei revisori del Comune. La polemica che nasce, però, spinge l’azienda a rinunciare all’appalto. Si fanno così avanti i consulenti dell’Anci, l’associazione nazionale Comuni italiani, di cui il sindaco Enzo Bianco è ai vertici nazionali. 

«Non posso fare tutto da solo», diceva in quei giorni l’assessore Girlando. In realtà almeno un braccio destro lo ha: Roberto Giordano, della ragioneria comunale, sempre pronto a rispondergli al telefono e a correre se chiamato. E a confortarlo sull’esistenza o meno di alcuni trasferimenti, come gli undici milioni di euro di finanziamento della Regione Siciliana per il piano di riequilibrio che Roberto Bonaccorsi, ex assessore al Bilancio nella giunta di Raffaele Stancanelli, cita nel corso di una conferenza stampa contro l’attuale amministrazione a Palazzo degli elefanti. Di questi soldi Girlando non è a conoscenza e Giordano lo rassicura: non risultano nemmeno a lui. 

E ancora di soldi che non ci sono parla l’assessore con il commercialista Maurizio Cassarino, commissario prefettizio di Ipi e Oikos, nominato – assieme ad altri due – dopo l’interdittiva antimafia che ha coinvolto i vertici delle aziende. Mentre discutono di alcune fatture non pagate dal Comune, l’amministratore straordinario dice di avere ricevuto lettere dalla banca che parlano del rischio di fallimento per l’azienda Iti (forse un errore di trascrizione per Ipi). Un’ipotesi che non sembra impressionare Giuseppe Girlando: le cause di fallimento, del resto, durano in media dieci anni, riflette l’ex assessore. Un tempo troppo lungo perché lui possa ancora ricoprire quel ruolo. Ragion per cui, conclude, l’eventuale esito del processo non lo riguarderebbe più. E poi ride.


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