Pedara, un altro caso di avvelenamento di cani I volontari: «I vigili urbani se ne lavano le mani»

Da questa mattina le vittime accertate sono tre. L’allarme avvelenamenti di cani, a Pedara, non sembra intenzionato a rientrare. Dopo i due casi in zona Acqua del prete, stamattina nei pressi del cimitero a ingerire qualcosa che l’ha ridotta in fin di vita è stata una cagnetta ancora giovane, randagia e innocua. «Ho ricevuto una telefonata intorno alle 9.20 di questa mattina, era una ragazza che mi segnalava di avere visto il cane con la bava alla bocca sul bordo della strada», racconta Valentina Barone, volontaria dell’associazione animalista Teg 4 friends. «Lei stava andando al lavoro, in auto con la sorella, si è fermata e ha cercato di capire cosa stesse succedendo». L’animale era evidentemente in pessime condizioni di salute, perdeva sangue e respirava a malapena. È al punto di avvisare le forze dell’ordine, però, che qualcosa si inceppa.

Secondo la ricostruzione, viene chiamata la polizia municipale e, in un primo momento, gli agenti sostengono che arriveranno. «Poi li chiamo io, una seconda volta – continua l’attivista – E mi dicono “Vediamo cosa possiamo fare“. A quel punto mi arrabbio: loro devono intervenire, è il loro compito, non possono lavarsene le mani. Per questo motivo ho telefonato ai carabinieri, chiedendo il loro intervento». I carabinieri le dicono che chiameranno i vigili urbani e «poco dopo, magicamente, al cimitero arriva una pattuglia». La situazione però non si risolve. Si fermano altri cittadini, si deve decidere dove portare l’animale agonizzante per tentare di salvarlo

«I vigili si rifiutano di caricare la cagnolina in auto, quindi lo fanno due ragazzi che passano, e che vengono scortati fino a un ambulatorio privato». E non, come dovrebbe avvenire, al canile municipale o in quello eventualmente convenzionato. La cagnetta si trova ancora nello studio veterinario in cui è stata portata e, con ogni probabilità, non supererà la giornata. «È terribile – continua Valentina Barone – E bisogna pensare anche ai prossimi giorni: se c’è del veleno in giro bisogna che il Comune e l’Asp veterinaria bonifichino la zona, altrimenti continueremo a contare i cadaveri». Nella stessa zona del cimitero, spiega a MeridioNews una residente, è sparita oggi un’altra cagna. Più grande d’età e di stazza, ma ugualmente pacifica. «Mangiava dalle mie mani, si lasciava avvicinare tranquillamente – continua la donna – Temo che sia andata a morire da qualche parte».

La situazione, così, rischia di esplodere. I volontari delle associazioni e i cittadini amanti degli animali sono sul piede di guerra. Ce l’hanno con i concittadini e con l’amministrazione comunale, accusata di disinteresse. «Noi stiamo tentando di fare il possibile – interviene il primo cittadino Antonio Fallica – So che ci sono stati problemi, stamattina, sull’intervento della polizia municipale. Ma il nostro responsabile del randagismo, che conosce bene il problema e le procedure d’intervento, ha avuto un incidente ed è a casa con 12 costole rotte. Affideremo il suo compito temporaneamente a qualcun altro, ma ci vuole tempo». Nel frattempo, però, i cani continuano a morire. «È uno scandalo – aggiunge Fallica – l’inciviltà delle persone è agghiacciante. I cani pericolosi sono un problema per la cittadinanza, ma quelli pacifici devono risiedere serenamente sul territorio. Spesso sono accuditi dai volontari, che pensano a tutto».

Ci sono anche casi in cui a morire, però, non sono i randagi. In via Tarderia due giorni fa è stata uccisa una cagnetta di cui si prendeva cura una residente a Pedara, che l’aveva munita di collare ma non la teneva chiusa in casa. «La lasciava libera e se l’è ritrovata morta», dice il sindaco. In questi casi, però, la cittadina che non provvede ad applicare il microchip dovrebbe essere multata. «Lo so, e dobbiamo farlo. Umanamente parlando mi sembra una beffa, ma è anche vero che quella è la legge e non ci si può esimere». In realtà, però, si è appreso in seguito che la cagnetta il microchip lo aveva, e che era registrata come «cane di quartiere», dunque sotto la responsabilità del Comune ma accudito da una tutor.

Nel frattempo, bisogna anche tentare di individuare chi avvelena gli animali e rimuovere eventuali residui di veleno. «Stiamo approntando con l’Asp un servizio di bonifica del territorio, ma temiamo che non ci siano esche – dichiara – Abbiamo il sospetto che qualcuno vada ad avvelenare il cibo messo dai volontari». Le telecamere di sorveglianza disseminate per il territorio comunale avrebbero dovuto essere in grado di riprendere il malfattore, ma proprio quelle vicino al pozzo erano disattivate. «E noi non lo sapevamo. La centralina si trova nello stesso gabbiotto usato dall’Acoset per gestire il servizio idrico, hanno fatto dei lavori, le hanno staccate ma non le hanno riattivate. Abbiamo fatto una richiesta di ripristino». Troppo tardi e nel frattempo l’avvelenatore non è stato registrato. «Ci stiamo mettendo la massima attenzione». In questo momento, poi, il Comune non può neanche affidarsi a un canile per il recupero degli animali dalla strada. «Negli anni scorsi è stata maturata una importante morosità nei confronti della struttura convenzionata – conclude Antonio Fallica – Stiamo pagando una parte dei debiti e vogliamo metterci in regola con l’operatore, poi potremo riprendere la piena operatività». Intanto l’obiettivo resta uno: «Cercare la persona che avvelena gli animali e metterla in condizione di non nuocere più».


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