Sprar Aci Sant’Antonio, la diocesi sfratta la cooperativa Tra bollette non pagate e volture, a rischio 18 migranti

Ci sono 18 migranti, con status diversi tra loro, il cui futuro è incerto. Ci sono, inoltre, dieci lavoratori della cooperativa Luoghi comuni che rischiano di perdere il lavoro, e che già adesso sono in arretrato di 12 mesi di stipendio. C’è poi il Comune di Aci Sant’Antonio, che rischia di veder sfumare il progetto Sprar ottenuto dal ministero dell’Interno nel 2014. Infine c’è la diocesi di Acireale, che per i primi due anni di attività ha prestato gratuitamente una propria struttura. Ma che adesso vuole riprendersela. Lo sfratto è diventato esecutivo il 28 novembre 2016, con sentenza del tribunale di Catania. Verrà eseguito alla fine di questo mese. Restano meno di venti giorni. Se in questo lasso di tempo non verrà trovata una nuova sistemazione per i richiedenti asilo, il Comune sarà costretto a comunicare la situazione al servizio centrale Sprar del ministero, che potrebbe sospendere il progetto, per poi chiuderlo. E, sulla base dei posti disponibili, trasferire i richiedenti asilo in altri centri simili. Allontanandoli dalle attività di inserimento a cui stanno partecipando. 

Alla fine di marzo la cooperativa Luoghi comuni dovrà lasciare la Casa dei giovani di piazza Baden Powell. Struttura che fino a oggi è stata concessa in comodato d’uso dalla Caritas diocesana. L’accordo per l’utilizzo gratuito dei locali, a dire il vero, è scaduto alla fine del dicembre 2015. Già allora la diocesi aveva annunciato di voler uscire dal progetto, per riqualificare l’edificio e avviare attività caritatevoli proprie in collaborazione con la missione San Vincenzo de’ Paoli. Nel frattempo il rapporto tra i gestori del centro e la Diocesi di Acireale si è progressivamente deteriorato, anche per ragioni economiche. «Non hanno mai pagato l’utenza del gas – spiega don Marco Catalano, dell’ufficio comunicazioni sociali della Curia – avrebbero dovuto fare la voltura, ma ci sono bollette non versate per 22mila euro. Già questa sarebbe una motivazione più che sufficiente». «Negli ultimi anni hanno dimostrato una volontà di rottura», risponde Chiara Rondine, direttrice di Luoghi comuni. Riferendosi all’intransigenza dell’ufficio vescovile di fronte all’ipotesi di spostare le attività dello Sprar in altre strutture di sua proprietà. La proroga del comodato d’uso, reiterata più volte, rappresenterebbe invece «una volontà di andare incontro alla cooperativa», ribatte don Catalano. Il vescovo Antonino Raspanti, tramite la segreteria, ha fatto sapere di non voler rilasciare dichiarazioni sull’argomento.

Il finanziamento del Fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo è stato ottenuto dall’amministrazione comunale santantonese nel febbraio 2014. Circa 300mila euro l’anno per il triennio 2014-2016. Poi rinnovato per il periodo 2017-2019. La cooperativa Luoghi comuni fu l’unica a farsi avanti per la gestione. Il Comune mette di tasca propria una quota pari al 20 per cento, che versa offrendo beni, servizi e sei unità di personale. Sono previsti vitto, alloggio, piani di inclusione e politiche per rendere autonomi i richiedenti asilo, per un numero massimo di 29 persone. «Senza la disponibilità di nuovi locali – dichiara il sindaco Santo Carusoc’è il rischio che si perda tutto. Non so cosa potrà decidere il ministero dell’Interno». Caruso ha cercato di sostenere la cooperativa nella ricerca di spazi sostitutivi. Appartamenti privati, villette. Finora il mercato ha risposto di no. 

Attualmente la Casa dei giovani ospita 18 migranti, tutti uomini e adulti. Provengono dal Mali, dal Senegal, dal Benin, dal Gambia, dal Pakistan, dal Bangladesh e dalla Nigeria. Alcuni hanno richiesto protezione internazionale, altri tutela umanitaria o sussidiaria. Uno è rifugiato. Utilizzando gli appositi fondi di Italia lavoro, molti di loro stanno prendendo parte a esperienze di inserimento all’impiego. Ma la sospensione del progetto potrebbe farli ripartire da zero. «Nel caso in cui venissero trasferiti – avverte Chiara Rondine di Luoghi comuni – non c’è alcuna certezza su quale sia la nuova destinazione. Se non si tratterà di strutture in provincia di Catania, non potranno più raggiungere i luoghi di lavoro e quelle esperienze finiranno sciupate».

Nemmeno per i dieci dipendenti della cooperativa la prospettiva è rosea. Nei primi due anni di attività il ministero ha inviato i fondi con una accettabile regolarità. A partire dall’estate del 2016 si è registrato però un rallentamento. A metà gennaio 2017 il Comune ha liquidato a Luoghi comuni 41mila euro come acconto del finanziamento 2016. Adesso gli stipendi non incassati sono 12. E sullo sfondo c’è la chiusura del progetto. Anche i pocket money spettanti agli ospiti, due euro al giorno per piccole spese personali, vengono erogati con il contagocce. In questo caso il ritardo è di quattro mesi. «In altre città – aggiunge Rondine – la tensione sarebbe già esplosa. Per fortuna qui abbiamo costruito con i ragazzi un rapporto di fiducia». Un rapporto che potrebbe concludersi tra venti giorni o poco più.


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