Mafia, estorsione multipla al gestore del Tubo «Gli facciamo la testa come uno scolapasta»

Gestisci una trattoria con vista sul castello. Poi, un giorno, la crisi economica viene a farti visita. Non ordina niente, ma fa sparire i soldi. Non sostieni più i costi. E a chi puoi rivolgerti? Non alle banche, che ti hanno segnalato come cattivo pagatore. Però c’è quel tizio, il padre di un ragazzo che lavora da te nei fine settimana. Presta i soldi. E tu, che sei disperato, te li fai prestare. Ma presto la faccenda va fuori controllo. Con una mano il tizio te li presta, con l’altra li fa sparire. Peggio della crisi. Poi, quando non puoi più pagare nemmeno lui, cominciano le minacce. Le spavalderie alla luce del sole. Per liberartene, o anche solo per provarci, non corri a denunciarlo. Chiedi aiuto ad altri tizi. La storia di Giuseppe Grasso, gestore del ristorante di Aci Castello Al tubo, emerge così dalle pagine dell’ordinanza dell’inchiesta Piramidi

Alla fine del 2013 Grasso ha bisogno di liquidi. Li chiede a Salvatore Grillo, 46 anni. Suo figlio Carmelo, 24enne che prima aveva un part-time nell’esercizio commerciale, viene assunto a tempo pieno in quello che, secondo gli investigatori, fa da sigillo all’accordo. A quel punto, a novembre, Grasso riceverebbe un primo prestito nominale da cinquemila euro. La ricostruzione degli inquirenti prosegue: Grillo gli consegna quattromila euro in contanti e in cambio prende un assegno senza data da cinquemila. Il tasso di interesse è superiore al dieci per cento mensile. Va avanti così, con lo stesso metodo: altri cinquemila a dicembre. Diecimila a gennaio 2014. A maggio del 2014 siamo alla cifra di 30mila euro, con un interesse di tremila euro al mese. Da pagare giornalmente, 100 euro alla chiusura della cassa. Che verrebbero consegnati a Carmelo. E a partire da giugno diventano 150 al giorno, un aumento dovuto ai maggiori incassi della stagione estiva. A luglio Grasso non ce la fa più, e chiede a Grillo di tirare le somme del debito rimanente e di chiudere la collaborazione. Salvatore Grillo gli avrebbe risposto che quanto ha ricevuto finora attiene solo agli interessi. Mancherebbe ancora tutto il capitale, 30mila euro. O si fa così, o «ti distruggo il locale», si legge negli atti del gip. 

Non è un gioco. Secondo la procura Grillo vanta conoscenze tra i Santapaola-Ercolano. Ad agosto Grasso si rifiuta di continuare a pagare. A quel che dicono le carte, Grillo «lo minaccia di morte, rompe piatti, bicchieri e arredi», infine «spezza le chiavi nel lucchetto della saracinesca». Interrogati, gli altri dipendenti del Tubo confermeranno questa versione. Allora Grasso chiede aiuto a un parente – non indagato – che a sua volta si rivolgerebbe a Rosario Zuccaro, 35 anni, figlio del boss Maurizio. Testimonianze e intercettazioni convergono: il 28 agosto 2014 viene organizzato un incontro chiarificatore con tutte le parti. Ma Grillo non si presenta, per gli investigatori teme un’imboscata delle forze dell’ordine. Allora – sempre secondo la procura – Rosario Zuccaro dà mandato a Luigi Gambino, 49 anni, detto ‘u longu, di proteggere il ristorante e risolvere la questione con Grillo. Sarebbe Gambino a spedire sul posto Giuseppe Verderame, 63 anni, e Simone Giuseppe Piazza, 30 anni, presunti componenti «del gruppo del Castello Ursino» e incaricati di prendere da Grasso 200 euro al mese finché la cosa non sarà sistemata. I due presidiano la zona, ma Grillo non si fa più vedere, pur continuando a pretendere il suo denaro. Li chiederebbe con insistenza al padre e al fratello di Grasso. Finché non sono Verderame e Piazza a minacciarlo. 

Le telefonate di Verderame e Piazza registrate dallo stesso Grillo nell’ottobre 2014 e contenute nell’ordinanza, alcune delle quali ricevute sul telefono del figlio Carmelo, sono eloquenti: «Gli spariamo in testa», «Gli dici a tuo padre che come passa da Giuseppe veniamo a casa e gli facciamo la testa come uno scolapasta», «Sei un morto che cammina, ‘Nnagghiu». ‘Nnagghiu sarebbe il soprannome di Salvatore Grillo. A novembre Piazza e Verderame proporrebbero a Grasso un prestito di 30mila euro per chiudere il conto con Grillo. Grasso rifiuta e – a quel che racconta agli inquirenti – non li incontra più. Ma Salvatore Grillo non molla la presa. Il 18 dicembre 2014 Giuseppe Grasso sporge una denuncia contro di lui. Salvatore Grillo, adesso, è accusato di usura, estorsione aggravata dal metodo mafioso e rapina. Il figlio Carmelo, che avrebbe più volte preso le distanze dal padre, soltanto di usura. Rosario Zuccaro, Luigi Gambino, Giuseppe Verderame e Simone Piazza sono indagati per estorsione aggravata. Secondo la giudice, per Zuccaro e Gambino, con attinenza a questo reato, gli indizi di colpevolezza sarebbero «non gravi», al punto da non necessitare della misura di custodia cautelare. 


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Nell'ambito dell'inchiesta Piramidi, c'è anche la vicenda che riguarda il ristorante di Aci Castello. Giuseppe Grasso, ristoratore in guai economici, si sarebbe affidato in un primo momento a un presunto usuraio. Poi, per liberarsene, a malavitosi di Catania. Che, secondo la procura, gli estorcono denaro per proteggerlo

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