Cocaina, in manette Carmelo Bananedda Ruscica Insieme al fratello ritenuto vicino a Cursoti Milanesi

Finisce in manette per detenzione di cocaina Carmelo Ruscica meglio noto nel quartiere e alle forze dell’ordine con il soprannome di Bananedda. L’uomo, e il fratello maggiore Giuseppe detto Banana, sono ritenuti collegati alla famiglia mafiosa catanese dei Cursoti Milanesi. Entrambi erano finiti al centro delle cronache cittadine in seguito alla tragica morte del giovane Eugenio, figlio di Carmelo e nipote di Giuseppe, scomparso dopo essere stato travolto da una macchina il 28 ottobre scorso in Corso Duca D’Aosta, nel cuore del rione di San Berillo Nuovo. In quell’occasione, un gigantesco corteo funebre, invase le strade del quartiere per poi riversarsi sul Corso Indipendenza e arrivare compatto fino alle scale della chiesa di San Leone

L’arresto dell’uomo arriva in seguito a un’attività investigativa che parte il 27 gennaio scorso, quando gli uomini della squadra mobile etnea hanno appreso che all’interno della propria abitazione Carmelo Ruscica aveva con sé della cocaina. Per questo motivo, gli agenti sono intervenuti e hanno perquisito la casa, trovando nove involucri di cellophan termosaldati, per un totale di due grammi di polvere bianca e un’altra, più grande, di circa 50 grammi. Oltre al materiale per il confezionamento e un bilancino di precisione. Ruscica, in quel caso, non era in casa e, per questo motivo, venne indagato in stato di irreperibilità. Nell’appartamento si trovava invece Giuseppe Mazzella (classe 1971) che venne arrestato dalla polizia dopo un’ulteriore perquisizione in casa, dove sono trovati 248 grammi di cocaina.   

Bananedda era stato già arrestato il 3 aprile 2013 nell’ambito dell’operazione Indipendenza, che ha coinvolto 14 persone accusate, a vario titolo, del reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa dei Cursoti Milanesi. Il fratello Giuseppe, secondo gli investigatori, è elemento di vertice del clan assieme a Tommaso Tiralongo. Ed è citato anche nella relazione 2015 della Direzione nazionale antimafia. Per via di un processo in cui è imputato insieme ad «alcuni dei massimi esponenti» della cosca proprio per la sua presunta attività di spaccio all’interno del rione etneo. Dopo le formalità di rito, l’uomo è stato portato nel carcere cittadino di piazza Lanza.


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