Istituto Bellini: tra abiti di lusso, infissi e tipografie Fatture false, gonfiate e trasparenza che non c’era

Viaggi, gioielli e abbigliamento di alta moda. Ma i controlli sarebbero andati anche oltre, spingendo i militari delle fiamme gialle a controllare anche gli infissi dell’istituto musicale Vincenzo Bellini di via Sacro cuore, per vedere se fossero stati davvero cambiati come testimonierebbero certe spese. E no, non lo sono stati. Nella marea di fatture che hanno destato qualche sospetto c’è quella a una tipografia che, in effetti, col conservatorio di Catania ci lavorava. Però qualche centinaio di euro in più un po’ stonava e negli uffici, stavolta, se ne sarebbero accorti bloccando il pagamento. Poca cosa rispetto ai 14 milioni di euro che sarebbero transitati dall’ente a partecipazione pubblica alle tasche di un gruppo presunti dipendenti infedeli e imprenditori che avrebbero riciclato il denaro versato dal Comune, dalla provincia e dal ministero dell’Istruzione come finanziamento alle attività del Bellini.

Al cuore del presunto sistema di trasferimento illecito dei fondi ci sarebbe quasi l’intero nucleo familiare della consigliera comunale di Articolo 4 Erika Marco. Lei non è coinvolta, lo ha precisato la procura di Catania in più di una circostanza, ma uno dei due promotori dell’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio (assieme al consulente del lavoro Sergio Strano) sarebbe suo padre Fabio Antonio Marco, imprenditore edile, che è stato imputato nel processo per le tangenti – e le infiltrazioni mafiose – nell’appalto per l’ospedale Garibaldi e poi prescritto. Un ruolo importante avrebbe avuto anche Giuseppa Agata Carrubba, moglie di Fabio e mamma di Erika, storica dipendente dell’istituto Bellini e responsabile dell’ufficio ragioneria: per gli inquirenti, avrebbe sottratto dalle casse dell’ente oltre cinque milioni di euro. In mezzo all’inchiesta ci sono anche Roberta Marco (classe 1990), sorella della consigliera, e Francesco Marco (classe 1960), entrambi agli arresti domiciliari e ai vertici della società Icomit srl. Impresa intestata alla 27enne e amministrata dallo zio, ditta aggiudicataria nel 2013 dell’appalto per i lavori di piazza Galatea. Specificano gli investigatori che parte del soldi sottratti al conservatorio sarebbero serviti, oltre che per il pagamento di beni e servizi per se stessi, anche per rimpinguare le casse di questa (e di altre) società.

All’istituto Bellini la musica è cambiata a maggio 2016, quando tra i corridoi passa la notizia del licenziamento immediato e «per giusta causa» di sette dipendenti. Oltre a Carrubba ci sono Lea Marino, Marina Motta, Paolo Di Costa, Roberto Russo, Elisa Sciacca e Maria Francesca Romano. Tutti indagati nell’inchiesta The band della procura di Catania, ma solo nei confronti dei primi quattro è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare. In carcere per Marino e Motta, ai domiciliari per Di Costa e Russo. Lea Marino, che avrebbe sottratto oltre due milioni e mezzo di euro, lavorava all’ufficio personale; Marina Motta, lavoratrice della segreteria didattica, ne avrebbe sottratti due milioni e 700mila; Paolo Di Costa (ragioneria) avrebbe recepito oltre centomila euro che non gli spettavano; a Roberto Russo, infine, vengono contestati oltre 70mila euro. Il ruolo di quest’ultimo negli uffici del conservatorio sarebbe stato quello di occuparsi della Trasparenza. Un’incombenza che desta le perplessità degli investigatori, viste le difficoltà a rinvenire i documenti sul sito istituzionale del conservatorio.

A fare scattare il provvedimento disciplinare del licenziamento – che precede di oltre un anno gli arresti – c’è la denuncia dell’avvocato ed ex presidente del consiglio di amministrazione dell’istituto Bellini Guido Ziccone, che nell’estate 2015 si ritrova qualche migliaio di euro di troppo sul conto in banca. Il suo mandato scadrà di lì a poco, ma per vederci chiaro si confronta con gli altri componenti degli organismi dell’ente. Il direttore amministrativo è cambiato da poco: dal 2009 alla fine di agosto 2015 è Francesco Bruno, ex ragioniere generale della provincia e del Comune di Catania. Lui non risulta in nessun modo coinvolto nell’inchiesta, così come non lo sono neanche i revisori dei conti che avrebbero validato i bilanci dell’istituto Bellini senza indagare. «Le carte di quest’inchiesta finiranno alla Corte dei conti – spiega il procuratore capo Carmelo Zuccaro – Se ci sono responsabilità contabili sarà compito loro certificarle e condannarle».


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