Bellini, la famiglia Marco e i soldi per le società «Lavoro di 50mila euro per la casa personale»

Tanti, tantissimi bonifici a cascata. Dall’esame della documentazione acquisita dagli investigatori per l’operazione The band è possibile ricostruire il ruolo della famiglia della consigliera Erika Marco. A finire in manette, tra gli altri, ci sono i genitori della esponente di Articolo 4, i coniugi Fabio Marco e Giuseppa Agata Carruba. Imprenditore il primo e dipendente dell’istituto musicale Vincenzo Bellini la seconda. Due ruoli che sarebbero stati fondamentali, secondo gli inquirenti, per mettere insieme il sistema che ha portato alla contestazione dei reati – a vario titolo – di peculato, ricettazione e riciclaggio. In questo contesto, sarebbe stato centrale il ruolo delle aziende che farebbero direttamente riferimento alla famiglia Marco: Icomit, Ecoman e San Felice. L’unica realmente attiva, dal 2008, risulterebbe la Icomit srl, con sede legale a Catania, che ha per legale rappresentante Francesco Marco, fratello di Fabio, e per socia unica la figlia dei coniugi Marco-Carrubba, la 27enne Roberta Marco. Secondo gli investigatori, nonostante sia privo di cariche formali, Fabio Marco sarebbe l’amministratore di fatto della ditta che si occupa di costruzioni edili. La Ecoman srl farebbe riferimento al deceduto Giuseppe Carrubba, mentre la San Felice srl sarebbe riconducibile alle sorelle Maria Rita ed Erika Marco (quest’ultima rappresentante legale dal 2007 al 2009). Le due non sono coinvolte nelle indagini. Né è coinvolto il cittadino rumeno di 27 anni che, secondo l’ordinanza, sarebbe attualmente il legale rappresentante dell’impresa.

I coniugi Carrubba-Marco, per le fiamme gialle, si sarebbero «avvalsi di amici intimi e di soggetti e imprese compiacenti per occultare le distrazioni di denaro, operate ai danni dell’ente». Soldi che, come specificano gli inquirenti, in modo diretto o indiretto sarebbero tornati nella loro disponibilità attraverso numerosi e complessi passaggi. Che avrebbero fruttato la somma totale di quattro milioni di denaro pubblico, utilizzati, secondo l’accusa, per «diversi interessi privati». Dagli accertamenti bancari sarebbe infatti emerso che le somme arrivate sui conti correnti delle imprese che fanno parte di quel fitto e «inquietante» reticolato collocato tra la Sicilia, la Campania e il Lazio (che avrebbe simulato lavori e forniture per l’Istituto), sarebbero spesso rientrate ai coniugi Marco o ai loro familiari. O nelle disponibilità delle imprese di famiglia attraverso una serie di operazioni. Tra cui bonifici, ricariche di carte ricaricabili e prelievi contanti. Naturalmente, aggiungono gli inquirenti, «la somma finale arrivata ai coniugi risultava spesso decurtata della percentuale che veniva corrisposta al riciclatore di turno».

Secondo le carte dei magistrati, Carrubba avrebbe usato il Bellini «come una sorta di bancomat personale dal fondo illimitato, cui attingere per ogni esigenza, dall’acquisto di vestiti, beni immobili e mobili, al pagamento dei debiti riscontrati dalle imprese riconducibili alla famiglia. Per capire il metodo che sarebbe stato usato, basta citare un esempio delle decine che vengono fatti dalla magistratura: nel 2013 l’istituto musicale Bellini fa un bonifico da 21mila euro a una società per «lavori urgenti nella copertura dell’edificio sede dell’istituto». A disporre il pagamento è la responsabile amministrativa, Giuseppa Agata Carrubba. Dopo una serie di passaggi attraverso altre società e persone, tutte ritenute coinvolte, appena quattro giorni dopo l’originale versamento del Bellini arriva nelle casse della Icomit una prima tranche da 11mila euro.  A distanza di un paio di giorni ancora, dopo altri rimbalzi tra una società e l’altra, la San Felice srl gira alla Icomit due bonifici: uno da 15mila e l’altro da 4500 euro.  

Solo un esempio dei numerosi pagamenti che transitano dalla società di cui, in passato, si sarebbe occupata anche Erika Marco. Il nome della consigliera compare, poi, un’altra volta: è quando i magistrati valutano la posizione di Francesco Antonio Nicoloso, persona nota alla polizia per una segnalazione in materia di furto. L’uomo risulterebbe inoltre essere stato – nel 2015 – il datore di lavoro delle sorelle Maria Rita ed Erika. Che, secondo l’ordinanza, «hanno percepito rispettivamente la somma di 11.134 euro cadauna». Inoltre, secondo quanto emerso, Nicoloso sarebbe intestatario di una carta prepagata utilizzata, tra l’altro, per la movimentazione degli «illeciti flussi di denaro erogati dall’Istituto Bellini alle imprese sopra richiamate». In particolare, sono tre i movimenti accreditati e risultati sospetti: il primo di 75.319 euro, il secondo di 35.640 e il terzo di 39.726

A comparire nelle carte, poi, ci sono anche casi di presunto uso personale delle somme. In una occasione i coniugi avrebbero usato 50mila euro dell’Istituto per lavori nella loro abitazione privata. All’interno dei dialoghi catturati dalla magistratura è possibile ricostruire come i titolari di una ditta di costruzioni, la Impa snc, abbiano intrattenuto rapporti con il padre della consigliera. Da un capo della cornetta c’è Placido Anastasi, dall’altro il cugino Giuseppe, entrambi indagati. Il primo, in riferimento ad alcuni ritardi nei pagamenti, dice all’altro: «Quando ti sei fatto quel lavoro di 50mila euro alla casa personale, perché non lo rifiutavi?». «Io – risponde il cugino – una volta che ho fiducia che me li pagano… io il lavoro lo faccio. Significa che questo cristiano (Fabio Marco, ndr) i soldi li doveva prendere… Giusti». Quei 50mila euro, scrive il giudice, sarebbero stati versati dell’istituto musicale Bellini alla Impa snc tra il 23 e il 27 marzo 2015, «senza che alcun bene o servizio fosse stato fornito all’ente da tale società». Eppure le fatture parlano di 46 infissi in alluminio di varie dimensioni.


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