Crocetta ricicla lo slogan di Raffaele Lombardo «Il mio è l’unico movimento autonomista rimasto»

Crocetta come Lombardo, Lombardo come Crocetta. Almeno negli slogan elettorali. Il presidente della Regione in vista del voto del prossimo 5 novembre sembrerebbe avere deciso, in maniera quasi inedita, di cavalcare la retorica dell’autonomismo in nome della Sicilia e dei siciliani. Due parole che vengono pronunciate 16 volte in un video di poco più di tre minuti pubblicato sulla sua pagina Facebook ufficiale. Alla fine il messaggio è chiaro e senza giri di parole: «La Sicilia ai siciliani». Termini che richiamano uno spot più datato ma pressoché identico che per anni è stato il cavallo di battaglia del suo predecessore: Raffaele Lombardo. Il politico di Grammichele l’ha utilizzato per l’ultima volta durante la candidatura del 2013, quando l’ex presidente aveva deciso di provare la carta della corsa al Senato con lo spot «la Sicilia è dei siciliani». Adesso Crocetta l’ha fatto suo. Un volantino gira da giorni sui social e alla fine del video promozionale ecco una foto con lo slogan e l’immancabile simbolo della Trinacria

A distanza di quattro anni il panorama politico autonomista è quasi un insieme vuoto. Il Movimento per le autonomie è andato definitivamente in pensione e si hanno poche notizie sul futuro del Partito dei Siciliani. «Non siamo una colonia di Roma e Milano», incalza Crocetta oggi nel suo video. «Insieme possiamo lavorare nell’interesse della Sicilia senza i diktat di Roma e Milano», ripeteva come un mantra Lombardo nel 2011, quando al Palaghiacchio di Catania radunava migliaia di sostenitori. «Lo slogan non è né mio né di Lombardo – replica Crocetta, contattato da MeridioNews – ma di Antonio Canepa, il padre dell’indipendentismo siciliano», che nel 1943 ha scritto un pamphlet dal titolo La Sicilia ai siciliani.

La somiglianza tra i due spot tuttavia non sembra turbare più di tanto l’ex presidente. «Cosa ha fatto Crocetta?», domanda stupito al telefono, prima di ironizzare sulla vicenda: «Non ho registrato il mio spot alla Camera di commercio, non ho il brevetto e quindi manco i soldi per i diritti d’autore posso chiedergli». La riscoperta autonomista di Crocetta? «Lo dico con sincerità – chiosa Lombardo -, non me ne frega niente, ma proprio niente, niente, niente. Io faccio gli auguri a tutti e che il Signore lo benedica anche se alla fine penso che si ritirerà. Non rivendico nulla, spero che si ispiri realmente al concetto del suo slogan. Diciamo che quantomeno è un auspicio». Sul punto Crocetta non ha dubbi: «È certo che Lombardo sia un autonomista, ma credo che oggi l’unico vero movimento autonomista in Sicilia sia il mio».

«Effettivamente il richiamo di Crocetta al sicilianismo è chiaro anche se nel suo caso il messaggio passa attraverso un video pubblicato su Facebook che è meno caratterizzante rispetto a un brand costruito come nel caso di Lombardo». Ad analizzare sulla pagine di MeridioNews la somiglianza tra i proclami dei due politici è il semiologo e ricercatore dell’Università di Palermo Francesco Mangiapane, specializzato negli ambiti di sociosemiotica della cultura. «C’è certamente l’idea che l‘appello del localismo paga dal punto di vista del consenso elettorale – continua il docente -. Evidentemente Crocetta tenta di sfruttare questa carta per cercare di compattare i suoi e l’elettorato». 

Ai tempi degli Stati che si chiudono a riccio, come nel caso della Brexit o delle politiche promesse dal presidente americano Donald Trump, quella di Crocetta sembra «una scelta di moda che sembra pagare, anche se nel suo caso un po’ improvvisata non essendo emersa in passato in maniera così marcata». C’è poi il concetto della difesa della Sicilia, che nel video viene ribadito in diversi passaggi, dalla sanità alla gestione dei fondi europei: «La dimensione della difesa del localismo corrisponde quasi sempre alla difesa di un approccio politico – spiega l’esperto -. Crocetta si sofferma a parlare di certi aspetti dicendo che non è vero quanto viene scritto e detto facendo quindi emergere una certa sovrapposizione tra i problemi della Sicilia e la figura del presidente. Insomma – conclude Mangiapane – c’è la convinzione che parlare male del governo della Sicilia significa parlare male del presidente e viceversa».


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