Vacanze al resort, resta in carcere il boss Mario Strano «Non volevo farmi arrestare davanti alla mia famiglia»

Dal lussuoso resort quattro stelle di Altavilla Milicia alle celle della casa circondariale di Cavallacci, in provincia di Palermo. Il Ferragosto di Mario Strano si conclude con la convalida dell’arresto arrivata oggi a margine dell’udienza che si è svolta nel carcere di Termini Imerese. Il boss catanese, pluricondannato per la sua appartenenza alla famiglia di Cosa nostra dei Santapaola prima, e alla cosca mafiosa dei Cappello poi, era stato arrestato nella tarda mattinata della vigilia di metà agosto dagli agenti del reparto Volanti della polizia di Bagheria. Le forze dell’ordine lo avevano pizzicato mentre, da sorvegliato speciale con obbligo di dimora a Catania, si era spostato in provincia di Palermo. Una vacanza con parenti e amici con diverse stanze prenotate nell’hotel Torre Normanna. Davanti al giudice per l’udienza preliminare Strano ha ammesso le sue responsabilità, negando però di avere aggredito le forze dell’ordine. Come invece sostenuto dal pubblico ministero Alessandro Macaluso.

La difesa di Strano, l’uomo è assistito dall’avvocato Salvo Pace oggi sostituito in udienza dalla collega Carmen Gulizia, aveva chiesto gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Il giudice tuttavia ha rigettato la proposta convalidando l’arresto. Adesso con ogni probabilità si tenterà la strada del ricorso al tribunale del riesame, per riuscire a ottenere la scarcerazione. Strano ha raccontato la sua versione dei fatti, spiegando di trovarsi nella sala ristorante del resort quando ha notato gli agenti. In quel momento si è allontanato ma l’obiettivo, secondo l’uomo, non sarebbe stato quello di scappare. «Volevo evitare di farmi arrestare davanti alla mia famiglia», ha spiegato. Subito dopo sarebbe nato un piccolo inseguimento che, secondo la versione dell’accusa, si sarebbe concluso con spintoni e l’aggressione ai poliziotti. Addebito che però l’uomo ha rimandato al mittente. Strano viene accusato di violazione degli obblighi di legge, resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale.

In libertà dal 29 aprile 2015, la sua ultima condanna risale al 2011, quando viene giudicato colpevole a distanza di due anni dal blitz Revenge, che decapitò i vertici dell’agguerrita cosca dei Cappello con 40 arresti e più di 70 indagati. Prima di allora Strano aveva al suo attivo quattro condanne perché ritenuto affiliato alla famiglia dei Santapaola. La prima negli anni ’90 dopo l’inchiesta Orsa Maggiore, quando per il gruppo di Nitto Santapaola si occupava di rapine. Fratello di Claudio e Alessandro, Mario Strano è uno dei personaggi più noti della mafia etnea grazie al suo ruolo nel quartiere periferico di Monte Po e Nesima. Zona cerniera tra Catania e l’area commerciale di Misterbianco in cui avrebbe spadroneggiato. Proprio per questo motivo il cambio di casacca, dai Santapaola ai Cappello, ha portato dietro un lungo periodo di tensione, legato alla gestione della carta delle estorsioni. A ricostruire l’intera vicenda sono stati gli investigatori, anche grazie al contributo di numerosi affiliati che negli anni hanno fatto un passo indietro iniziando a collaborare con i magistrati. Tra i momenti più cruenti di questo capitolo della mafia etnea ci sono l’omicidio nel 2007 del reggente Angelo Santapaola e quello del suo successore, Raimondo Maugeri.

Quanto accaduto ad Altavilla Milicia tuttavia non è l’unico colpo di scena che ha riguardato Strano. Già nel 1993 si era reso protagonista di un fatto curioso: mentre si trovava detenuto nel carcere di Augusta, perché condannato per rapina, aveva deciso di accorciare il suo soggiorno in cella approfittando di un permesso premio ed evitando di rientrare nella casa circondariale. Dopo il blitz Revenge invece era stato tra i pochi a non avvalersi della facoltà di non rispondere. L’ultima apparizione pubblica nell’aprile 2016, quando è stato chiamato come testimone nel processo all’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo


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