Adrano, i finti necrologi per il figlio del capomafia Pentito da pochi giorni, funerali in commissariato

Un messaggio chiaro e diretto, che non lascia dubbi a interpretazioni, per Valerio Rosano. Ventisei anni, figlio di Vincenzo Rosano, quest’ultimo capo indiscusso del clan Rosano-Pipituni: la sua foto e il suo nome sono apparsi su diversi finti necrologi attaccati sui muri della città di Adrano. Un messaggio per il giovane arrestato nell’aprile 2014 nell’operazione Binario morto e condannato definitivamente a 14 anni di carcere. La sua morte, annunciata nonostante lui sia vivo e vegeto, arriva in un momento particolare: a poco meno di due settimane dal suo pentimento, quando la magistratura ha chiesto per lui urgenti misure di sicurezza speciale

«I funerali religiosi – si legge nei necrologi pubblicati da Corriere etneo si terranno nella chiesa di viale della Regione il 27 settembre alle 16.30». La strada citata è quella del commissariato di polizia. Sul giorno e sull’ora, invece, gli investigatori non hanno ipotesi. I poliziotti hanno rimosso nella notte i manifesti dai muri della città e li hanno sequestrati, mentre sono state avviate le indagini per individuare gli attacchini e tentare di risalire ai loro mandanti. L’ipotesi al momento più accreditata è che si sia trattato di una presa di distanze dalla famiglia Rosano-Pipituni: un modo per rendere noto l’esplicito allontanamento dal neo-collaboratore di giustizia, del quale non sono ancora stati depositati verbali.

La sentenza definitiva dell’operazione Binario morto è arrivata lo scorso giugno e ha riguardato 18 presunti esponenti dei clan Santangelo e Rosano-Pipituni, arrestati all’alba del 29 aprile 2014 dalla polizia di Adrano, assieme ad altre sette persone. I 18 imputati sono stati giudicati con rito abbreviato. Oltre a Valerio Rosano sono stati condannati Prospero Bua (25 anni, condannato a sette anni e quattro mesi di reclusione), Salvatore Fiorenza (36 anni, condannato a sette anni e quattro mesi), Nicolò Giarrizzo (40 anni, otto anni e otto mesi), Giuseppe La Manna (26 anni, otto anni di reclusione), Nino Longo (43 anni, condannato a sette anni e quattro mesi), Marco Ravità (43 anni, condannato a tre anni, undici mesi e due giorni), Agatino Sangrigoli (45 anni, sette anni e quattro mesi), Biagio Trovato (27 anni, dieci di reclusione), Antonino Zammataro (43 anni, otto anni e quattro mesi), Gaetano Zignale (45 anni, sette anni e quattro mesi), Angelo Pignataro (29 anni, condannato a 14 anni di carcere), Angelo Arena (42 anni, condannato a 14 anni, nove mesi e 24 giorni), Angelo Lo Cicero (42 anni, condannato a 13 anni e quattro mesi), Salvatore Longo (41 anni, 13 anni e quattro mesi di condanna), Salvatore Ricca (31 anni, condannato a otto anni e otto mesi), Giovanni La Rosa (31 anni, condannato a dieci anni).

Menzione a parte merita Nicola Mancuso, condannato a 14 anni di carcere. Mancuso era passato agli onori della cronaca nera per essere considerato dagli inquirenti uno dei presunti autori dell’omicidio di Valentina Salamone, la 19enne biancavillese trovata impiccata all’alba del 14 luglio 2010 all’interno di una villetta di Adrano. Anche Mancuso era finito in manette nel corso di quell’operazione del 2015, che prendeva il nome dal luogo dove veniva esercitata l’attività di spaccio della droga: un’area, ormai in disuso, della Fce, diventata un bazar di eroina e cocaina. Le forze dell’ordine – attraverso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali e riprese video – riuscirono ad assestare un duro colpo al traffico di droga in città. Nel corso del blitz gli inquirenti trovarono 60mila euro in contanti e sei pistole


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