Teatro Stabile, raggiunto l’accordo con i creditori Degli oltre 13 milioni, ne saranno pagati solo 7,4

Il Teatro Stabile di Catania si avvicina al salvataggio. O, almeno, può tirare un sospiro di sollievo. Perché «è stato raggiunto l’accordo con i creditori rappresentanti l’85,51 per cento dei crediti». A comunicarlo a tutte le 337 realtà creditrici è La tutela degli onesti, organismo di composizione della crisi da sovra-indebitamento legato al Comune di Acireale. È a loro che, quasi un anno fa, è stato affidato il compito di tentare di risollevare l’istituzione culturale etnea dal baratro in cui era sprofondata, dovuto anche ai 13 milioni e 67mila euro da pagare a chi, per un motivo o per un altro, aveva avuto a che fare con lo Stabile. Di queste somme, grazie a una procedura che – sotto l’occhio vigile del tribunale – permette di «ricomporre» la crisi, potrebbero esserne saldate poco più della metà: sette milioni e 432mila euro.

Fra i creditori, oltre a tutte le persone e le realtà che a vario titolo negli anni hanno collaborato con il Teatro Stabile, risultano anche l’Agenzia delle entrate, molte associazioni culturali, alcuni istituti bancari, case editrici, e poi ancora l’Enel, l’Inps e la Telecom. Non tutti hanno lo stesso peso e non tutti hanno la stessa sorte. Ad accettare l’accordo sono stati soprattutto i creditori il cui voto pesava di più e che hanno ottenuto, comunque, una buona percentuale dell’importo dovuto, esprimendo il loro consenso. Il grosso riguardava l’Agenzia delle entrate, a cui sono attribuite – nella tabella riassuntiva dell’accordo raggiunto – tre voci di spesa: una sarà liquidata per intero (2.794.177 euro), di un’altra sarà pagata poco più della metà (492mila euro contro i 916mila euro dovuti), mentre della terza non sarà versato nulla. Perché l’Agenzia delle entrate ha scelto di rinunciare alle entrate dovute ai contenziosi in corso (un milione e 859mila euro). 

Tra i creditori che hanno deciso, per salvare le casse del Tsc, di rinunciare a parte di quanto dovuto c’è anche il Comune di Catania: a fronte di un credito di 259.619 euro, ne percepirà 98.655. Tra chi ha stabilito, invece, di dire di no all’offerta formulata da La tutela degli onesti – proposta che comunque, visto il patto raggiunto con la maggior parte dei creditori, dovrebbe essere ratificata – c’è l’Inps (per quanto attiene alla gestione dell’ex Enpals, la cassa riservata ai lavoratori dello Spettacolo e dello sport): del 1.350.555 euro che aspettava, ne dovrebbe ricevere solo 513mila e spicci.

La proposta di accordo sottoposta ai creditori prevedeva, da un lato, che si consentisse la prosecuzione dell’attività del Teatro e, dall’altro, che si garantisse a chi avanzava soldi che qualcosa almeno rientrasse per certo. Cosa non altrettanto sicura nel caso in cui si fosse proceduto con la vendita di tutti i beni dell’ente. «Siamo assolutamente soddisfatti del risultato raggiunto – dichiara a MeridioNews il ragioniere Tuccio Alessandro che ha supervisionato la predisposizione del piano di ristrutturazione del debito da sottoporre al Tribunale di Catania – con oltre l’85 per cento dei creditori che hanno accettato l’accordo. Credo di poter dire che abbiamo fatto un’ottima operazione che ha portato a un equilibrio economico». 

«Abbiamo avuto rispondenza positiva dalla maestranza e dagli attori – aggiunge Alessandro – che sono stati disposti a fare piccoli sacrifici a fronte dell’offerta che hanno ricevuto, che è comunque migliore di quella che si sarebbe prospettata in caso di liquidazione dell’ente. Siamo delusi e spiazzati, invece – lamenta – in modo particolare dall’Inps che è l’unica realtà istituzionale (oltre ad alcuni privati, ndr) ad avere espresso un voto contrario senza rendersi conto che, se le cose andassero in modo diverso, non prenderebbero nulla mentre così hanno garantiti oltre 500mila euro. Forse l’Inps vorrebbe far chiudere il Teatro Stabile di Catania e questa è una assurdità». Adesso, spiega ancora l’esperto, sono necessari un ulteriore passaggio in tribunale e poi «il bonifico del prestito di quattro milioni da parte della Regione Siciliana. Che però, si è già impegnata e su cui non abbiamo nessun dubbio».

La vicenda legata alla crisi del teatro etneo è esplosa nel 2015 con lo sciopero dei lavoratori – dipendenti, maschere, macchinisti – che non ricevevano lo stipendio già da oltre cinque mesi e con la richiesta di dimissioni dell’ex direttore Giuseppe Dipasquale. Già da allora, le condizioni economiche dell’ente non erano positive e i lavoratori temevano di non essere a conoscenza di ulteriori debiti, anche viste le continue visite dell’ufficiale giudiziario per tentare di pignorare le poltrone. Ad aprile 2016 i dipendenti avevano nuovamente protestato e, come gesto estremo, avevano occupato la sala Verga. Oggetto delle accuse di sindacati e lavoratori erano state soprattutto le istituzioni socie dell’Ente teatro di Sicilia, cioè il Comune, la Regione e la ex provincia di Catania. Nel frattempo, lo scorso agosto l’assemblea dei soci presieduta dall’ormai ex commissario straordinario Giorgio Paceaveva nominato il nuovo presidente del consiglio d’amministrazione, il notaio Carlo Saggio. Chiudendo, di fatto, la delicata fase commissariale.


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