Dirty Oil, arrestato a Lampedusa Darren Debono «Anello di congiunzione per importazioni greggio»

Era il nome mancante dell’operazione Dirty Oil. Darren Debono è stato arrestato dagli uomini della guardia di finanza di Catania nell’isola di Lampedusa. Per lui adesso si aprono le porte del carcere, come aveva disposto il giudice etneo Carlo Cannella. L’inchiesta, condotta dai militari del Gico della polizia tributaria della guardia di finanza etnea culminata con il blitz di due giorni fa, ha fatto luce su una presunta associazione a delinquere transnazionale che si occupava di immettere sul mercato italiano ed europea del greggio trafugato in maniera illecita dalla Libia. Nell’elenco degli indagati, composto da dieci persone, spiccano i nomi dell’imprenditore Marco Porta, titolare della Maxcom Bunker, e di Fahmi Ben Khalifa. Miliziano libico con al servizio una truppa di uomini armati che si sarebbero mossi lungo le coste africane per scortare il petrolio fino alle navi cisterna da dirottare, come primo passaggio, verso Malta. A poche miglia dall’Isola si sarebbe passati al trasbordo, tecnicamente definito ship to ship, alle navi cisterna poi dirottate verso i porti italiani, compreso quello siciliano di Augusta.

Il nome di Darren Debono è legato alla genesi dell’inchiesta. Partita nel 2014, quando proprio l’uomo residente a Malta, acquista in provincia di Catania alcuni telefoni satellitari con le relative schede prepagate. Gli apparecchi vengono fatturati a nome di alcune società maltesi: Adj Swordfish, Andra Martina, World Water Fisheries. Tutte specializzata nel settore della pesca e nel commercio di prodotti ittici, con un parco navi in cui spiccavano la disponibilità di alcune cisterne di piccole e media dimensioni adibite al trasporto di prodotti petroliferi. Prima di occuparsi di petrolio Debono è stato anche un calciatore, collezionando 56 presenze con la nazionale maltese. Appendendo gli scarpini al chiodo dopo una carriera iniziata nel 1991 e finita nel 2007. Conquistando cinque campionati con la maglia de La Valletta Fc

Leggendo le carte dell’inchiesta emerge come quelle utenze satellitari passarono da Debono ad altre persone. Compreso Ben Khalifa. Iniziano così una serie di intercettazioni, per la prima volta su questa tipologia di telefoni, che permettono ai militari di ricostruire le rotte dell’oro nero dalle coste libiche ai porti commerciali dell’Europa. In questo schema entrano in scena alcune società maltesi e altri due indagati: il catanese – ritenuto vicino agli ambienti della mafia etnea – Orazio Nicola Romeo, e Gordon Debono. Il loro scopo, secondo gli atti, sarebbe stato quello di fare da schermo, tramite emissione di fatture, per occultare le origini del greggio così da farlo arrivare formalmente pulito nelle disponibilità della Maxcom Bunker, che poi lo avrebbe «rivenduto a un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato», con ribassi percentuali in doppia cifra. 

Darren Debon, insieme a Gordon e Romeo, farebbe parte di quella che gli inquirenti identificano come «la componente maltese del gruppo». Una sorta di «anello di congiunzione» fondamentale nel passaggio tra l’attività criminale in Libia e la vendita del combustibile successiva. Da loro sarebbero partite le direttive ai natanti per le operazioni di trasbordo. Veri e propri intermediari anche per aumentare i margini di profitto. Spingendo, secondo l’accusa, anche Ben Khalifa per strappare una diminuzione del prezzo di vendita: «Gli ho detto “Dobbiamo abbassare il prezzo”», dicevano in un’intercettazione. 


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L'uomo è coinvolto nell'inchiesta sulla presunta associazione a delinquere che si sarebbe occupata di immettere sul mercato legale il petrolio trafugato in Libia sotto l'occhio vigile del miliziano Fahmi Ben Khalifa. In un'intercettazione sul costo del greggio dicevano: «Gli ho detto che dobbiamo abbassare il prezzo»

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