Siciliani all’estero, la catanese che li ha intervistati «Un errore vedere il Regno Unito come l’Eldorado»

«In Sicilia vediamo il Regno Unito come un Eldorado dove tutto è facile: leggiamo storie di successo che, tuttavia, non riflettono quanto sia complicato far quadrare i conti e riuscire a spuntarla. I giovani, specie quelli che arrivano con un inglese scadente, vengono intrappolati in una girandola di lavori pagati una miseria, giusto il minimo sindacale che non è abbastanza per vivere decentemente, e tirano a campare sperando nella svolta». A parlare a MeridioNews è Francesca Marchese, giornalista etnea trapiantata a Londra da quattro anni e curatrice del capitolo dedicato alla Sicilia del Rapporto italiani nel mondo 2017 realizzato da una commissione scientifica della fondazione Migrantes.

Francesca, originaria di Valverde, ha alle spalle 17 anni di lavoro nel giornalismo e, nel 2013, ha deciso di trasferirsi a Londra. «All’inizio è stata durissima, molto più impegnativo del previsto e, anche se pensavo di conoscere l’inglese grazie all’Erasmus e ai miei viaggi, mi sono resa conto che non era abbastanza per lavorare nel mio campo. Piano piano ho imparato e adesso lavoro da freelance per varie testate britanniche». Insomma, fra i molti giovani del Catanese che, valigia alla mano, lasciano il proprio territorio per emigrare, c’è anche lei che li ha raccontati. «La prima cosa che dico a chi mi chiede un parere prima di partire per l’estero? Programmate, programmate, programmate. Tutto. A partire dal fatto – dice Francesca – di avere le idee chiare sulle motivazioni che spingono a fare una scelta del genere, sul cosa fare una volta arrivati e sul periodo di tempo della permanenza fuori dall’Italia. Il planning, purtroppo, non è una cosa che noi siciliani siamo abituati a fare, anzi di solito pensiamo di sfidare il destino convinti che tanto cadremo sempre in piedi». 

Molti dei giovani che lasciano la Sicilia e la provincia di Catania per andare a cercare di costruirsi un futuro altrove, almeno all’inizio, si adattano a fare lavori di ogni tipo. «Quasi tutti passano da una prova di umiltà molto bella – sostiene Francesca – che è quella di fare i camerieri. Poi, pian piano alcuni riescono a passare da questi lavori improvvisati al trovare impiego nel settore per cui hanno studiato». Nella vita da fuori sede le difficoltà rimangono comunque «anche quando ci si è ambientati. Dal punto di vista di una catanese – racconta – per esempio, un problema con cui fare i conti sono i voli troppo costosi: tornare a casa a Natale costa quanto un mese d’affitto». 

Oggi Francesca è membership secretary della sezione londinese del sindacato dei giornalisti freelance e ha creato la community SicilyCulture che ha alla base il progetto di mettere insieme londinesi con la passione per la Sicilia. «L’intento – spiega – è quello di raccontare la Sicilia senza stereotipi. Che la nostra Isola abbia un patrimonio meraviglioso mi è apparso più chiaro da quando sto a Londra e, allora, mi è venuta l’idea di aiutare i londinesi a capirla e valorizzarla». Per fare questo Francesca è partita dal cibo, organizzando dei pranzi siciliani con ospiti speciali fra cui la scrittrice Simonetta Agnello Hornby. Oltre a portare un po’ di Sicilia a Londra, la giornalista collabora con una organizzazione che porta i britannici in Sicilia. «Sono progetti pensati per chi viene non per fare il solito turismo di massa ma con l’idea di scoprire i tratti più autentici della nostra terra. Lo abbiamo già sperimentato – dice – a Salina e nella zona dell’Alcantara». 

Da lontano, si guarda la Sicilia con occhi diversi. «Troppi giovani se ne vanno senza rendersi conto che quello che cercano, in realtà, ce l’hanno già o potrebbero crearlo restando. Il punto è che è necessario ridimensionare le aspettative di chi vuole espatriare: la maggior parte di chi lascia la propria terra – afferma Francesca – vive in solitudine, fa lavori umili e tanti sacrifici. Molti vengono sfruttati da altri italiani che si sono portati dietro il malcostume delle raccomandazioni e fare il salto di qualità è più l’eccezione che la regola. La cosa che mi auguro è che si vada all’estero per vedere cosa c’è ma con l’intenzione di tornare in Sicilia guardando con occhi stranieri». 


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