Regionali, presidenti di seggio dimessi in blocco? «Falso: hanno rinunciato prima. Rimborso ridicolo»

«I presidenti di seggio di cento sezioni hanno dato improvvisamente le dimissioni, per motivi ancora da chiarire». La frase riportata da La7, emittente televisiva che per prima ha dato la notizia, è rimbalzata in queste ore sui quotidiani nazionali e locali. Un fatto che sarebbe avvenuto a Catania – nel territorio del solo Comune – e che avrebbe causato i ritardi con i quali sono stati caricati i dati del capoluogo etneo sul portale regionale. Ma un numero così alto ha da subito destato notevoli perplessità: sul territorio rappresentanti di lista e scrutatori sembravano non saperne nulla, mentre l’ufficio elettorale della prefettura smentiva seccamente a MeridioNews questa informazione: «Non ci risulta niente di simile». A chiarire la questione è Antonella Liotta, segretaria generale di Palazzo degli elefanti, che al telefono inizia seccamente: «È una fake news». Cioè una notizia falsa. Le cose, però, sono più articolate di così e hanno sì a che fare con un numero elevato di defezioni, ma prima che si aprissero i seggi elettorali.

I presidenti di seggio vengono convocati dalla Corte d’Appello dopo che, diverso tempo prima delle elezioni, viene data ai cittadini la possibilità di candidarsi. A quel punto, gli uffici del tribunale – in questo caso, quelli di piazza Verga – formulano le liste, dopo avere verificato la congruità dei requisiti che i cittadini hanno autocertificato. Quest’anno, però, oltre un’ottantina di persone hanno rinunciato all’incarico. Scegliendo, quindi, di non svolgere il compito per il quale loro stessi avevano fatto domanda. «Onestamente? – continua Liotta – In quarant’anni di lavoro una cosa del genere non mi era mai capitata. Ma non mi era mai capitato nemmeno che il rimborso scendesse a 150 euro». Senza considerare il recente esempio delle amministrative palermitane, quando scrutatori e presidenti sono rimasti nei seggi no stop per oltre 30 ore. «Il motivo delle defezioni non glielo so dire. Ma una battuta posso farla: se avessero chiamato mia figlia, le avrei detto di non accettare. Tutte quelle responsabilità per 150 euro? Non ne vale la pena. Il budget che ci è stato dato per queste elezioni è improponibile».

Le rinunce di chi era parte dell’elenco della Corte d’Appello hanno costretto il Palazzo di giustizia a fare ricorso al bacino dei sostituti, che invece è di responsabilità del Comune di Catania. In quest’ultima lista erano contenuti 49 nomi. Ma anche tra questi la maggior parte ha scelto di rifiutare. «Così abbiamo dovuto costituire un nuovo elenco – aggiunge la segretaria generale – e pure quello non è bastato. I tempi erano stretti, perciò abbiamo dovuto nominare come presidenti di seggio alcuni dipendenti comunali con ruoli apicali, in modo che le operazioni si svolgessero regolarmente». Perché il punto è questo: una volta che il seggio viene costituito, il presidente non può essere cambiato in corsa. «È una ipotesi che fa inorridire – precisa – Cambiare il presidente di seggio, dopo il voto, è impossibile, è contro la legge». 

«Per fare un esempio brutale: nel caso in cui un presidente morisse, gli subentrerebbe il vicepresidente». Nei due giorni in cui si sono svolte le operazioni di voto, secondo quanto sostiene Liotta, nessuno avrebbe abbandonato il suo posto. «Uno solo ha telefonato chiedendo il permesso di potersi presentare ai seggi in ritardo. Perché aveva una colica e non riusciva a uscire prima che le pillole facessero effetto». E allora i ritardi che ci sono stati – e che erano sotto gli occhi di tutti – a cosa erano dovuti? «La Corte d’Appello valuta anche le esperienze pregresse nel ruolo. Noi, invece, non abbiamo questo genere di informazioni quindi non ordiniamo le nostre chiamate sulla base di quanto uno conosca il lavoro che deve fare».

«Stamattina, insomma, abbiamo pagato le inesperienze di chi faceva il presidente per la prima volta e non sapeva ancora bene come comportarsi», conclude Liotta. Ritardo che però è stato recuperato e che adesso riporta i dati dello spoglio del Comune di Catania in linea con quelli degli altri centri etnei. E che, per inciso, non è toccato a tutti i presidenti di seggio. A prescindere dalla loro esperienza. A piazza Lanza, ad esempio, lo spoglio è stato più che lampo: in carcere, infatti, non ha votato nessuno.


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