Acireale, il blitz e gli incarichi sul Lavinaio-Platani «Indagini di mercato fantasma» su sfondo politico

Sul torrente Lavinaio-Platani oggi spicca un tiepido sole. Quel percorso, lungo 18 chilometri, si porta dietro da secoli una scia di morte. Capace di riempirsi di acqua fino all’inverosimile, attraversa i territori di Acireale, Aci Sant’Antonio e Aci Catena, soltanto per citarne alcuni. Da decenni si parla della sua messa in sicurezza ma, di fatto, le esondazioni continuano e delle promesse d’intervento c’è traccia soltanto nelle cronache recenti dopo tanti ritardi legati alla burocrazia. In mezzo ci sono le vicende giudiziarie. L’ultima, in ordine di tempo, è quella che poggia le sue fondamenta sugli atti dell’inchiesta Sibilla. Affiorata ieri in un giorno di pioggia con tanto di allerta meteo arancione. In mezzo sono annidati presunti episodi di falsità ideologicacorruzione, turbativa d’asta e induzione indebita. Indagati in 17 e arrestati in otto, tra cui spicca il nome del sindaco di Acireale Roberto Barbagallo e di due dirigenti del suo ComuneSalvatore Di Stefano e Giovanni Barbagallo. Figure chiave nei settori Protezione civile e Urbanistica, legate all’altro indagato, il geologo Alessio D’Urso, e ai lavori per la messa in sicurezza del torrente e di un costone interessato dal movimento franoso. Sullo sfondo c’è sempre la politica.

Non dire minchiate. Se tu non fai 300 telefonate no i poi pigghiare 300 voti

Tra gli allegati dell’inchiesta finiscono sei pratiche firmate da Barbagallo e poi sottoscritte da Di Stefano. Documenti con cui venivano formalizzati, a metà 2017, gli incarichi relativi alle indagini geofisiche e geognostiche per le opere pubbliche tanto attese. Uno di questo, per una cifra di 38mila euro, viene conferito al geologo D’Urso, definito nell’ordinanza firmata dal giudice Giovanni Cariolo come un professionista di «fiducia del sindaco e dell’onorevole regionale D’Agostino». Quest’ultimo non è indagato ma è comunque co-protagonista di questa inchiesta, nella parte dedicata al suo delfino, ex assistente parlamentare, nel 2014 eletto primo cittadino da un plebiscito di acesi, al ballottaggio. 

D’Urso sarebbe stato una presenza costante nella questione relativa agli incarichi, forte della possibilità di «muoversi con autorevolezza all’interno degli uffici comunali» tanto «da dare precise indicazioni sul contenuto degli atti amministrativi da adottare». Perché, secondo l’accusa, alcuni compiti sarebbero stati affidati dopo indagini di mercato fantasma, nonostante venissero poi messe nero su bianco nei documenti. Il professionista parlando con Di Stefano, che poi si sarebbe occupato di redigere la determina, avrebbe indicato anche la cifra da inserire: «Questa cosa qua… Fattela con… Sotto i 40mila euro», diceva mentre erano intercettati.

Il coinvolgimento del geologo finito indagato emergerebbe in relazione all’affidamento di incarichi a due società. In alcune intercettazioni Di Stefano chiedeva «una pezza d’appoggio» per riuscire a dare il via libera, dall’altro lato D’Urso si sarebbe reso disponibile a redigere «parcella e computo metrico delle indagini geologiche». Uno stratagemma che sarebbe stato creato ad hoc, secondo l’accusa, per consentire alle ditte di entrare tra quelle destinatarie degli incarichi, nonostante la mancanza di un’indagine di mercato. Il geologo si sarebbe mosso a proprio agio negli uffici del Comune tanto da riferire a Di Stefano di una conversazione avuta con il sindaco per il conferimento di un incarico esterno: «La progettazione se la fa l’ufficio e la direzione dei lavori si dà esternamente… Più o meno le cifre che abbiamo detto». Prospettiva che però non convince il dirigente: «Ti ricordo che ho dichiarato che non avevamo le professionalità al suo interno… Quindi ora come potemu dire… Ca ora a facemu fari ad uno interno. Alessio i capiddi bianchi haiu».

La cartina al tornasole del rapporto tra D’Urso e i big della politica acese targata centrosinistra viene decifrato attraverso alcune intercettazioni. A pochi mesi dalle regionali il candidato di Sicilia futura chiede al geologo di darsi da fare per la campagna elettorale: «Ama accumingiare», gli dice D’Agostino, politico navigato a caccia dell’ennesimo mandato all’Assemblea regionale siciliana. Dall’altro lato però la risposta è tiepida: «Mi sembra un po’ presto». Il monito non si lascia attendere: «Ma sì scemo […] tu sei in condizioni di darmi 300 voti… Non dire minchiate… Si tratta di fare 300 telefonate, se tu non fai 300 telefonate no i poi pigghiare 300 voti».


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