Giro d’Italia ’18, attivisti contro la partenza da Israele «Scelta che sporca la bella manifestazione sportiva»

Le voci della protesta cercano di mantenere ferma la piattaforma politica: la contrarietà non è rivolta sic et simpliciter contro il Giro d’Italia, che anzi è una manifestazione popolare. Il punto è invece la partenze dell’edizione 2018, celebrata a Gerusalemme. Una scelta degli organizzatori che, secondo gli attivisti, legittima e rafforza la «politica criminale di Israele contro il popolo palestinese», per di più in una fase in cui la tensione in Medio Oriente è di nuovo in crescita. Sessanta, forse settanta persone, con bandiere e fischietti, si sono ritrovate oggi in via Etnea, a pochi passi da piazza Borgo, per farsi sentire. Provengono dai centri sociali occupati catanesi, ma in piazza c’è anche qualche insegna di partito, come il Pc. Insieme, compongono un Comitato catanese di solidarietà con il popolo palestinese

«Hanno voluto sporcare una bella manifestazione sportiva – dice a MeridioNews Antonio Scalia – facendone una gigantesca operazione di sponsorizzazione dello Stato di Israele. La partenza da Gerusalemme suona tantissimo come un appoggio alla pretesa di sovranità di Israele su Gerusalemme. Pretesa che per altro viene negata da (quasi, ndr) tutta la comunità internazionale». Al passaggio della carovana composta dai mezzi degli sponsor del Giro, lanciano in aria volantini bianchi su cui è stampata la scritta «Israele assassino». La polizia controlla la zona a poca distanza dai manifestanti. «In sé, la manifestazione ciclistica – dichiara Salvatore Vicario, del Partito comunista – è popolare, non abbiamo nulla contro il Giro, ma con questa partnership legittima lo stato di oppressione del popolo palestinese, che poi è la stessa oppressione che subiamo in Italia, nei posti di lavoro e nei nostri quartieri». 

«Proprio in questi giorni – va avanti Vicario – Israele ha scatenato una criminale repressione, con i cecchini sui tetti, centinaia di feriti e una cinquantina di morti. Siamo qui per condannare la complicità del governo italiano con lo Stato di Israele e le sue politiche imperialiste». Luana Giunta regge una bandiera palestinese, mentre canta a squarciagola i cori della manifestazione, come «I popoli in rivolta / scrivono la Storia / Intifada / fino alla vittoria» o «Palestina libera / Palestina rossa». 

«L’organizzazione del Giro – spiega la ragazza – è passata da Israele senza commentare minimamente i fatti che in particolare nelle ultime sei settimane hanno interessato la Palestina». L’attivista si riferisce alla cosiddetta Grande marcia del ritorno, una protesta scattata il 30 marzo, che si tiene ogni venerdì per chiedere il rientro dei discendenti dei profughi che lasciarono la casa dopo l’occupazione del 1948. Contro la quale il governo di Benjamin Netanyahu non ha esitato ad aprire il fuoco. Quattro giorni fa, secondo fonti del ministero della Salute di Gaza, i feriti sono stati 170. «Non è stata detta una sola parola su questa situazione – insiste Luana – questo è utilizzare lo sport per legittimare uno Stato criminale sostenuto dalle potenze occidentali, contro una popolazione che si difende con le pietre e viene giudicata terrorista». 


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